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Cronaca

Devastato dalle fiamme vigneto della coop antimafia Rosario Livatino di Naro

Un incendio, di quasi certa matrice dolosa, ha divorato ben 6mila piante di vite: non si tratta della prima volta – I dettagli

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Nuovo attentato intimidatorio nei confronti della cooperativa “Rosario Livatino – Libera terra”, cui sono stati affidati i fondi agricoli, di contrada Gibbesi, confiscati alla mafia. Un mese fa, un incendio doloso aveva carbonizzato una porzione di culture di grano in un fondo di circa trenta ettari, per un ammontare del danno di ventimila euro.

Era il 28 luglio. Adesso in un periodo compreso tra l’1 e il 23 agosto un incendio, di quasi certa matrice dolosa, ha divorato ben 6mila piante di vite, per un danno, anche in questo caso, di 20.000 euro, purtroppo, non coperto da alcuna polizza assicurativa.

Ad indagare sono i carabinieri della Stazione cittadina, coordinati dal Comando di Licata, dopo aver raccolto la denuncia, del legale rappresentante della cooperativa. La Procura ha aperto un fascicolo d’inchiesta per danneggiamento a seguito di incendio.

L’attività investigativa è finalizzata a comprendere se si tratta o meno di un altro avvertimento, oppure di una vendetta, nel tentativo di intimorire o fermare l’azione di legalità, o ancora del gesto di qualche sconsiderato.

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Alcuni di questi terreni confinano, infatti, con quelli di alcuni pastori, che abusivamente occupano, o tentano di occupare, pezzi di terra. Al turbamento si associa la rabbia nel constatare che, forse, per alcuni la confisca dei beni ai mafiosi, e l’affidamento alle cooperative sociali di giovani, rappresenta un motivo da vendicare e un ostacolo ai propri interessi.

Alla cooperativa sono stati affidati i beni, confiscati alle famiglie mafiose, di contrada “Robadao”, e poi quelli di contrada “Gibbesi”. I terreni fanno parte di un grande complesso voluto dal giudice Livatino, in cui si organizzano conferenze, e campi estivi dedicati alla lotta contro la mafia, e si trovano a pochi chilometri da uno degli ultimi “covi” del boss di Campobello di Licata, Giuseppe Falsone. (foto archivio)

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