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Cronaca

Palermo, Silvana Saguto arrestata: lascia la clinica, va al “Pagliarelli”

Scandalo beni confiscati, con lei in carcere il marito Caramma ed il docente Provenzano

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Per Silvana Saguto, ex giudice, ed altri quattro imputati del processo sullo scandalo della gestione dei beni confiscati, si sono aperte le porte del carcere: la donna è stata prelevata in clinica e condotta al “Pagliarelli” dopo le formalità di rito.

La condanna per concussione – passata in giudicato dopo la sentenza della Cassazione di ieri – è diventata esecutiva oggi. L’ex magistrata è stata raggiunta dall’ordine di esecuzione pena proprio nella struttura dove si trovava ricoverata da 20 giorni circa.

Provvedimento eseguito dai finanzieri del Nucleo di polizia economico-finanziaria di Palermo. Con lei in carcere il marito Lorenzo Caramma e il docente universitario Carmelo Provenzano. In carcere anche l’avvocato Gaetano Cappellano Seminara, che si è costituito a Bollate.

A disporre l’arresto della giudice Silvana Saguto, che deve scontare una condanna a sette anni e 10 mesi per corruzione diventata ieri definitiva, è stata la procura generale di Caltanissetta diretta da Fabio D’Anna. La Cassazione ha annullato infatti solo una parte residuale del verdetto d’appello a carico dell’ex giudice delle misure di prevenzione di Palermo, ordinando un nuovo giudizio per la rideterminazione della pena. Ma dai calcoli fatti dalla procura generale è emerso che la condanna divenuta irrevocabile è superiore ai 4 anni e quindi non può essere sospesa. Da qui la decisone di disporre l’arresto.

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La magistrata palermitana era finita nell’indagine per la cattiva gestione della sezione misure di prevenzione di cui per anni era stata presidente, passando da icona antimafia a presunta collettrice di mazzette.

I pm di Caltanissetta, che l’accusavano di corruzione, falso, peculato e tentata concussione, le imputavano di aver favorito nell’assegnazione degli incarichi di amministratore giudiziario dei patrimoni confiscati ai mafiosi professionisti a lei graditi. Tutti finiti sotto processo. In appello Saguto ebbe otto anni e 10 mesi.

E invece, dopo una lunga camera di consiglio, la Suprema corte ha annullato senza rinvio il verdetto in diverse parti (quelle relative alle contestazioni di falso, peculato e tentata concussione), ha disposto un nuovo processo di secondo grado per valutare alcune delle imputazioni e ha confermato le pene inflitte alla Saguto per due episodi di corruzione.

Stessa sorte ha avuto la maggior parte dei coimputati che dovranno dunque attendere un nuovo processo davanti alla corte d’appello di Caltanissetta alcuni per la sola rideterminazione della pena alla luce degli annullamenti di oggi, altri per la valutazione nel merito.

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