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Molestie sessuali su una paziente, ma poi chiede “scusa”: da Cassazione “ok” allo sconto di pena
Ok allo sconto di pena, dopo la violenza sessuale su una paziente ricoverata: “L’imputato ha chiesto scusa”, la decisione della Cassazione

Per ottenere uno sconto di pena, dopo avere violentato una donna ricoverata in ospedale, gli è “bastato” chiedere scusa alla sua vittima.
Il pentimento di un operatore sanitario è stato ritenuto “sufficiente”, secondo la decisione della Corte di Cassazione. La sentenza è contenuta nell’atto finale di un processo sul caso di un infermiere che aveva allungato le mani su una paziente ricoverata in Psichiatria. La donna era distesa sul lettino con gli elettrodi sul corpo.
Inizialmente il Tribunale di Lanciano aveva condannato l’uomo, ora 67enne, per aver baciato e palpeggiato il seno e le parti intime di una donna stesa sul lettino di un ospedale abruzzese (il caso risale al 2011). Ma, come scrive Il Messaggero ricostruendo la vicenda, il 18 gennaio 2022 la Corte d’appello dell’Aquila gli aveva concesso uno sconto di pena, ridotta a tre anni e quattro mesi, proprio in seguito alla richiesta di scuse.
I giudici dell’appello avevano infatti ritenuto che la circostanza attenuante del “fatto di minore gravità” prevalesse rispetto all’aggravanti del reato commesso “in violazione dei doveri connessi all’esercizio della funzione di infermiere addetto al reparto dove la persona offesa era ricoverata”.
La richiesta di annullare la sentenza di appello Il procuratore generale dell’appello dell’Aquila aveva successivamente chiesto l’annullamento della sentenza di secondo grado sostenendo l’ “erronea applicazione” dell’articolo del codice penale che prevede una riduzione della pena per gli abusi di minore gravità e ritenendo che ci fosse “un vizio di motivazione” dal momento che i giudici si erano limitati a valutare “la natura oggettiva degli atti sessuali”. Ma la Cassazione aveva promosso in pieno quella sentenza di sconto, dichiarandola “congrua e in linea con l’orientamento giurisprudenziale”.
Il giudizio si è insomma basato sugli abusi “compiuti in modo repentino”. Il fatto che l’imputato fosse andato subito dopo a scusarsi basta, secondo gli ermellini, per ritenere che “la libertà sessuale non sia stata compromessa in modo grave”.
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