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Cultura e Spettacoli

L’impresa dell’ingegnere Guglielmo Venticinque, “bandierina siciliana” sull’Himalaya

L’impresa di Guglielmo Venticinque, ingegnere siracusano che mette la bandierina “siciliana” sulla vetta dell’Himalaya

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Un’impresa in piena regola. Dopo il Kilimangiaro, è toccato all’Himalaya. Una nuova splendida scalata per l’ingegnere siracusano Guglielmo Venticinque, che giovedì scorso, 7 aprile, è riuscito a fissare la bandiera italiana sull’Imja Tse. Classe 1980, “Gulli” è laureato in ingegneria edile e architettura.

La vetta si trova a quota 6.189 metri, conosciuta anche come Island Peak, sul versante nepalese della catena montuosa asiatica celebre anche per l’Everest, la cima più alta del mondo.

Un’impresa ancor più importante in considerazione di una delle emergenze più grandi, ovvero il graduale aumento delle temperature che affligge il pianeta. Nella zona dell’Island Peak si è anche modificata la morfologia dei ghiacciai, che ha reso ancor più complesse anche le scalate.

La preparazione fisica di “Gulli” è durata due mesi, e a fine marzo l’ingegnere è giunto a Kathmandu, capitale del Nepal. Lì lo attendeva Elite Exped, società specializzata in questo tipo di spedizioni, fondata da Nims Purja, star mondiale dell’alpinismo, diventato celebre per aver messo piede su tutte le quattordici vette del mondo che superano gli 8.000 metri nel giro di 6 mesi fra aprile e ottobre 2019, fatiche raccontate in un documentario di Netflix.

A Kathmandu, Venticinque incontra la guida locale, che lui chiama “Iangila”, con accento siciliano. Lei è Mingma Yangzi, scalatrice professionista di 28 anni, una delle poche donne sherpa autorizzate in Nepal. Dalla capitale i due con un piccolo aereo atterrano a Lukla, scalo che si trova a oltre 2.800 metri e che spesso viene citato come il più pericoloso al mondo.

Da lì inizia la marcia di Venticinque. Un itinerario affrontato gradualmente con 500 metri al giorno guadagnati e ogni due giorni 24 ore alla stessa altitudine per acclimatarsi e abituarsi al debito di ossigeno. Dopo aver attraversato diversi villaggi ed aver donato scarpe e vestiti ai bambini, l’ingegnere siracusano ha abbandonato il famoso percorso di trekking per dirigersi a Chhukhung (quota 4.730m).

La partenza per la cima è iniziata all’1.30 locale del 7 aprile scorso. Dopo quasi 7 ore e altri 1.400 metri scalati, “Gulli” arriva sulla vetta dell’Imja Tse dove issa il tricolore e gli altri vessilli che ha portato con sè.

“L’Imja Tse – ha raccontato Venticinque – è stata l’impresa delle imprese, di quelle che non dimenticherò mai. Mi ha portato vicino ai miei limiti fisici e tecnici, mi ha posto davanti a rischi che non so se vorrò più prendere in futuro. Per me l’alpinismo è un hobby e non voglio correre rischi fuori dal normale”.

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