STOP vendite elettrodomestici in Italia | Rischi multa da oltre 10mila euro per una legge VINTA da 70 anni

soldi (pexels) - teleone.it

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Lavoro nero e stipendi troppo bassi? A volte ci si mette anche una grande “multa-beffa”: ecco cosa è successo

La disoccupazione continua a rappresentare un problema che coinvolge milioni di persone, e non si tratta solo di chi è completamente senza lavoro. Sempre più spesso, infatti, chi un contratto ce l’ha si trova comunque a vivere con entrate insufficienti. Gli stipendi bassi e il costo della vita in aumento portano molte famiglie ad arrangiarsi, inventando strategie per arrotondare lo stipendio. Ma non sempre queste soluzioni rispettano la legge.

Il fenomeno del lavoro nero è in crescita: si calcola che ogni anno vengano sottratti al fisco miliardi di euro. Secondo alcune stime, il lavoro irregolare in Italia vale oltre 77 miliardi di euro l’anno, con un gettito fiscale perso che supera i 30 miliardi. Numeri che mettono in difficoltà lo Stato, riducono i fondi pubblici e aumentano le disuguaglianze sociali.

Molti cittadini, pur consapevoli dei rischi, scelgono di intraprendere attività parallele, convinti che basti non farsi notare. Altri invece agiscono in maniera del tutto “innocente”, convinti che piccoli lavori extra non possano arrecare danni. In realtà, proprio queste attività possono trasformarsi in un boomerang, perché ci sono norme rigide che, anche se scritte decenni fa, restano ancora valide.

La mancanza di informazioni chiare e la percezione che certe regole siano ormai superate creano un terreno fertile per errori parecchio costosi. Un po’ tutti pensano che certe leggi siano “dimenticate“, ma spesso basta una segnalazione per far scattare un’indagine. E quando questo accade, le conseguenze diventano inevitabili.

Le vendite e la segnalazione: una “beffa” legalizzata

Si tratta, e qui entriamo nel merito del caso, di quello che è accaduto a una donna di 52 anni, dipendente part-time dell’Asst Nord Milano. Ufficialmente era impiegata come coadiutore amministrativo, ma, per far quadrare i conti, aveva iniziato ad affiancare altre attività. Nel 2017 vendeva i robot da cucina Bimby porta a porta, e dal 2018 al 2022 promuoveva online anche degli integratori. Attività “semplici”, secondo lei innocue, che le permettevano di arrotondare e sostenere le spese familiari.

Tutto sembrava andare bene fino al 2023, quando un dirigente medico ha segnalato la sua doppia attività. Da lì è partita un’indagine interna: sono emersi video in cui la donna pubblicizzava apertamente i prodotti. La segnalazione è arrivata fino al Dipartimento della Funzione Pubblica e infine alla Corte dei Conti, che ha preso in mano il caso.

Una legge dimenticata, e poi anche il licenziamento

Il fatto è che il verdetto, alla fine, è stato durissimo: la donna è stata condannata a restituire ben 12.675,38 euro, l’intera somma peercepita mentre svolgeva i lavori extra senza autorizzazione. Inoltre, nel 2023 è stata sospesa per quattro mesi e nel 2024 licenziata definitivamente. Un percorso drammatico, iniziato con il tentativo di ottenere un po’ di serenità economica e finito con una perdita devastante.

A sancire la sua colpa non è stata una nuova normativa, ma un vecchio decreto del 1957 ancora in vigore. La legge stabilisce che i dipendenti pubblici non possano svolgere attività per privati o vendere prodotti, a meno di un’esplicita auotorizzazione. Una norma rigida, nata oltre sessant’anni fa, ma che oggi può ancora cambiare radicalmente la vita di chi pensa di “arrangiarsi”. Quel che sembrava un modo per “sopravvivere” può, insomma, trasformarsi in un rischio enorme, soprattutto se si sottovaluta la forza di leggi antiche ma ancora perfettamente valide…