“Nessuno ha commesso il fatto”: Aldo Naro, ucciso in discoteca a Palermo, assoluzione totale per i buttafuori

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Arriva la sentenza, e fa già discutere, sull’omicidio di Aldo Naro, avvenuto dieci anni fa alla discoteca Goa di Palermo. I giudici della prima sezione della Corte di Assise hanno infatti deciso per l’assoluzione totale degli imputati, ribaltando le richieste dell’accusa.

La Procura aveva chiesto la condanna a 10 anni per Francesco Troia per omicidio preterintenzionale, mentre aveva già individuato come non colpevoli Gabriele Citarrella e Pietro Covello. Tuttavia, secondo i magistrati, nessuno dei tre imputati ha materialmente commesso il fatto.

I tre lavoravano come buttafuori nella discoteca quella notte di febbraio del 2015, sebbene Covello – come emerso nelle indagini – operasse senza una regolare autorizzazione. La sentenza, firmata dal presidente Vincenzo Terranova, ha accolto le tesi difensive degli avvocati Marcello Consiglio, Giuseppe Laudicina, Salvino Pantuso, Antonio Turrisi e Valerio Romano. Una decisione che, pur chiudendo un capitolo giudiziario, lascia ancora aperti molti interrogativi.

IL ricordo di quella notte alla discoteca Goa, intanto, resta parecchio vivido: un evento drammatico, un giovane medico appena laureato che perde la vita durante una festa di Carnevale.

Le dinamiche della notte al Goa

Il caos esplose tra il 13 e il 14 febbraio 2015, durante una serata di festa che si trasformò in tragedia. Aldo Naro, neolaureato in Medicina e molto stimato nel suo ambiente, venne ritrovato a terra all’interno della discoteca del quartiere Zen. Secondo le ricostruzioni, venne colpito da un calcio alla testa mentre era già a terra, un colpo che risultò fatale e irreversibile. Andrea Balsano, l’unico imputato condannato con sentenza definitiva e reo confesso del delitto, ha sempre sostenuto di non avere sferrato il calcio con l’intenzione di uccidere. Al momento dei fatti era minorenne, e la sua versione è stata più volte analizzata, contestata e ripercorsa nel corso del tempo. La sua responsabilità penale, però, è rimasta l’unica riconosciuta formalmente.

I familiari della vittima, assistiti dagli avvocati Salvatore e Antonino Falzone, hanno continuato per anni a battersi affinché venisse riconosciuta la natura di pestaggio brutale e organizzato. Una battaglia dolorosa, fatta di udienze, testimonianze e una richiesta di verità mai venuta meno, anche di fronte all’assoluzione degli altri imputati.

“Si chiude il primo grado di un lungo processo troppo spesso celebrato in sedi extra giudiziarie – hanno dichiarato gli avvocati Consiglio e Laudicina, difensori di Citarrella – attraverso una propaganda comunicativa amplificata da una campagna social disinformata che ha danneggiato l’immagine di un cittadino incensurato, additato ingiustamente per un crimine per il quale esiste già un colpevole con sentenza definitiva”.