Inps, ma quale aumento di tre mesi? Pensioni, la decisione è “congelata”, ma non per tutti

inps dettaglio teleone.it

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Tra ipotesi di riforma, proteste dei cittadini e costi crescenti, la situazione dei pensionati italiani resta in bilico. Ecco le novità e i rischi concreti 

Il tema delle pensioni in Italia è tornato al centro del dibattito politico e sociale. La situazione dei pensionati e di chi si avvicina al traguardo dell’età pensionabile appare oggi più incerta che mai, tra ipotesi di riforma, calcoli complessi e tensioni crescenti con i sindacati. Mentre il costo della vita aumenta e il potere d’acquisto si riduce, cresce la preoccupazione per un sistema che sembra sempre meno sostenibile e sempre più instabile.

Negli ultimi mesi si sono moltiplicate le voci di possibili modifiche all’età pensionabile, con proposte che spaziano dal congelamento temporaneo all’aumento graduale dei requisiti. Tuttavia, ogni ipotesi incontra subito un muro di critiche da parte dei cittadini e delle organizzazioni sindacali, che denunciano l’ennesimo sacrificio imposto a chi ha già lavorato per decenni. La sensazione diffusa è che si chieda sempre di più a chi ha già dato tanto.

Molti lavoratori temono di non poter mai raggiungere una pensione dignitosa. Le testimonianze raccolte in tutta Italia parlano di persone stanche, logorate da anni di lavoro fisico o mentale, che vedono continuamente spostarsi in avanti il traguardo della quiescenza. “Abbiamo lavorato una vita intera – dicono in molti – e ora ci chiedono altri anni, mentre i giovani restano senza occupazione stabile”.

La questione economica resta però il cuore del problema: le casse dello Stato sono in difficoltà, e il governo deve bilanciare i conti pubblici con il diritto alla pensione. Il sistema previdenziale italiano si regge su equilibri delicatissimi, e ogni intervento può generare effetti a catena. Per questo motivo, ogni decisione in materia pensionistica diventa anche una scelta politica, capace di incidere profondamente sul consenso e sulla stabilità sociale.

Il congelamento dell’aumento automatico e le ipotesi del governo

L’aumento automatico di tre mesi di lavoro prima di andare in pensione di vecchiaia, previsto per il 2027, sembra destinato a essere congelato nella prossima manovra economica. Ma non per tutti. Il costo della misura è elevato, e il governo – che non ha fatto cenno alla questione nel Documento programmatico di finanza pubblica – sta valutando norme specifiche per ridurre l’impatto economico.

Secondo quanto riportato da “Il Messaggero”, la proposta principale prevede che la sospensione dell’aumento dei tre mesi valga solo per chi, nel 2027, avrà già compiuto 64 anni. In pratica, solo una parte dei lavoratori potrà beneficiare di questa misura, mentre gli altri dovranno comunque affrontare il prolungamento. Il risparmio stimato per lo Stato sarebbe consistente: il costo scenderebbe da circa 1 miliardo di euro l’anno a 300 milioni.

Pensione e pensionati (pexels) - teleone.it
Pensione e pensionati (pexels) – teleone.it

Un aumento “rimangiato” e nuove strade in valutazione

Un’altra ipotesi, avanzata dalla Ragioneria generale dello Stato, sarebbe quella di introdurre almeno un mese di aumento dell’età di pensionamento, anche nel caso in cui venisse confermato il blocco dei tre mesi. Una via intermedia, insomma, che potrebbe concretizzarsi anche attraverso una “finestra mobile”: un periodo di attesa tra il momento in cui si matura il diritto e quello in cui si può effettivamente lasciare il lavoro.

La Ragioneria ha inoltre sollevato un altro punto critico: quello dell’adeguamento dell’età pensionabile all’aspettativa di vita. Un eventuale congelamento di questo meccanismo, senza modificare i coefficienti di trasformazione (ossia il calcolo della pensione in base ai contributi), comporterebbe un effetto imprevisto. Le pensioni si ridurrebbero di circa il 9%, un taglio che rischierebbe di “rimangiarsi” qualsiasi aumento promesso, aggravando ulteriormente la condizione dei futuri pensionati. L’Italia si trova dunque davanti a un bivio complesso: salvaguardare la sostenibilità dei conti pubblici o difendere il diritto a un’uscita dignitosa dal mondo del lavoro. La verità è che, finché non ci sarà una visione strutturale e condivisa, ogni riforma rischia di essere solo un rimedio temporaneo, incapace di offrire certezze a lungo termine.