Legge 104, il colpo di scena che tutela anche i FURBETTI | La sentenza mette alle strette i datori di lavoro

Messaggio cellulare sul lavoro - foto (C) Teleone.it
La questione del lavoro e degli abusi: una nuova sentenza del tribunale, che mischia un po’ le carte in tavola
Il mondo del lavoro in Italia è attraversato da contraddizioni profonde che riguardano contratti, tutele e diritti dei lavoratori. Uno dei temi più discussi è quello della stabilità contrattuale. In Italia, nonostante le norme di legge, ancora oggi moltissimi lavoratori non hanno un contratto regolare. Il fenomeno del lavoro nero resta diffuso, soprattutto in settori come edilizia, ristorazione, agricoltura e servizi domestici. Questo significa meno diritti per i dipendenti e allo stesso tempo una perdita significativa per lo Stato in termini di evasione fiscale.
Le conseguenze sono pesanti: mancano i contributi previdenziali, non ci sono tutele per malattia o infortuni, e il sistema fiscale subisce un danno stimato in miliardi di euro ogni anno. Nonostante i controlli dell’Ispettorato del lavoro e delle forze dell’ordine, il fenomeno resta radicato. Le verifiche aumentano, ma spesso i datori di lavoro trovano escamotage per aggirare la legge, mettendo in difficoltà chi vorrebbe lavorare in regola.
Allo stesso tempo, chi ha un contratto può godere di tutele importanti che diventano fondamentali soprattutto in situazioni delicate. Tra queste c’è la possibilità di usufruire della Legge 104/1992, che rappresenta un vero pilastro per chi deve assistere un familiare disabile. I permessi retribuiti sono uno strumento che bilancia esigenze lavorative e impegni familiari, proteggendo i lavoratori da possibili discriminazioni e dal rischio di licenziamento ingiustificato.
Proprio per questo, la disciplina legata ai contratti e ai permessi deve essere interpretata con estrema attenzione. Il confine tra tutela e abuso, infatti, è sottile e può portare a conflitti complessi tra lavoratore e datore di lavoro. Non a caso, sempre più tribunali si trovano a dover chiarire il valore delle norme che regolano i diritti sul posto di lavoro.
I permessi e la questione degli abusi
Quando un datore di lavoro sospetta un uso scorretto dei permessi, entra in gioco un equilibrio difficile: da un lato c’è la necessità di vigilare per evitare frodi, dall’altro la priorità di non compromettere diritti fondamentali. La proporzionalità delle sanzioni diventa quindi un principio centrale, capace di fare la differenza tra un richiamo e un licenziamento.
La giurisprudenza ricorda che non tutte le violazioni possono avere lo stesso peso. Abusi sistematici e reiterati sono ben diversi da piccoli episodi occasionali, e per questo la legge chiede un’analisi caso per caso. Un approccio superficiale rischierebbe infatti di colpire ingiustamente chi, pur commettendo un errore, non ha messo in discussione l’intero sistema di tutele.

La sentenza del Tribunale: favoriti i “furbetti”?
Una recente sentenza del Tribunale di Bologna (n. 731/2025) ha segnato un passaggio cruciale: l’abuso parziale dei permessi concessi dalla Legge 104 non giustifica automaticamente il licenziamento. Il caso riguardava un custode che, pur avendo utilizzato correttamente i permessi in gran parte delle occasioni, era stato accusato di comportamenti impropri in alcuni episodi documentati dall’azienda tramite un investigatore privato. I giudici hanno riconosciuto che non si trattava di una frode totale o di un abuso sistematico, ma di episodi isolati. Per questo motivo, la decisione estrema di licenziare il lavoratore è stata ritenuta sproporzionata. Il tribunale ha ricordato che in simili situazioni il datore di lavoro può adottare misure disciplinari meno gravi, come un richiamo o una sospensione, ma non privare il dipendente della sua occupazione.
Questa pronuncia segna un precedente importante: da un lato rafforza la tutela dei lavoratori che usufruiscono della Legge 104, dall’altro mette in guardia i datori di lavoro da decisioni affrettate e non equilibrate. Allo stesso tempo, rappresenta un potenziale colpo che potrebbe favorire anche i cosiddetti “furbetti”, ovvero chi sfrutta i permessi in modo scorretto, consapevole che non sempre il licenziamento sarà confermato dai giudici.