Sto male, ho il certificato | Non importa: il datore può NON CREDERTI e fartela pagare cara, licenziamento immediato

medico certificato - foto (C) Teleone.it

medico certificato - foto (C) Teleone.it

Attenzione ai lavoratori, perchè anche con il certificato medico la malattia può essere contestata: ecco cosa cambia 

Un cambio radicale: negli ultimi anni è stata questa la modifica nel rapporto tra diritti dei lavoratori e doveri nei periodi di malattia. Il sistema legislativo italiano ha introdotto nuove regole, rafforzando alcune tutele ma anche delineando limiti più netti in ambito occupazionale. Se un tempo bastava una semplice dichiarazione del medico curante per essere coperti legalmente durante un periodo di malattia, oggi tutto è più rigoroso.

Il medico di famiglia, una figura centrale nel nostro sistema sanitario, mantiene ancora il potere di diagnosticare e redigere un certificato, ma è tenuto a rispettare vincoli precisi. La trasmissione deve avvenire in via telematica all’INPS entro massimo il giorno successivo alla visita, specialmente se questa è stata effettuata al domicilio. L’indennità di malattia decorre infatti dalla data del certificato, ed è solo allora che il diritto al sussidio può scattare.

Ma qui nasce una questione poco nota: il certificato medico, seppur valido, non ha valore assoluto. Il datore di lavoro può infatti contestarlo, e in alcuni casi arrivare a mettere in dubbio l’intero stato di malattia. Questo può succedere nonostante la visita medica abbia accertato l’inabilità temporanea al lavoro. La malattia, insomma, deve anche “apparire” coerente con la condotta del lavoratore. Ma ne parleremo nel dettaglio in questo articolo.

E’ da sapere che, in parallelo, l’INPS ha regolamentato con precisione anche le fasce di reperibilità (10:00-12:00 e 17:00-19:00), durante le quali il lavoratore deve farsi trovare disponibile per eventuali controlli. Tuttavia, esistono eccezioni importanti: invalidità oltre il 67%, patologie gravi che richiedono terapie salvavita o malattie connesse a cause di servizio (per alcuni dipendenti pubblici) possono sollevare il lavoratore da quest’obbligo.

Il certificato retroattivo: quando è possibile?

Entrando nel cuore del problema, diciamo subito cha il dtaore di lavoro ha facoltà di fare indagini private, spesso avvalendosi di investigatori, per accertare comportamenti incompatibili con la condizione clinica dichiarata. Secondo la Cassazione (ordinanza n. 11697/2020), è legittimo sorvegliare il lavoratore anche fuori dalle fasce orarie, purché non si violi la sua privacy.

Attenzione però: uscire di casa al di fuori delle fasce orarie è lecito, ma svolgere attività incompatibili con lo stato di malattia può compromettere la guarigione e portare dunque al licenziamento per giusta causa. Un comportamento considerato scorretto, come una passeggiata in montagna durante una febbre alta, mina il rapporto fiduciario tra datore e dipendente.

Firma di un documento o certificato
Firma documento teleone.it

I casi in cui è possibile contestare anche la malattia

Un’altra questione cruciale riguarda la validità retroattiva del certificato. L’INPS, nella circolare n. 147/1996, spiega che in casi specifici, la malattia può essere riconosciuta anche per il giorno precedente alla visita, ma solo se questa è avvenuta al domicilio e richiesta dopo le ore 10. In tal caso, il medico può redigere il certificato indicando la data del giorno prima come inizio malattia, purché ne dia motivazione chiara. Questa eccezione vale solo nei giorni feriali, e sul certificato deve essere scritto che il lavoratore “dichiara di essere ammalato dal…”. Al di fuori di questa ipotesi, non è possibile ottenere una retroattività del certificato. La regola generale resta che l’indennità decorre dal giorno di rilascio.

In ogni caso, il periodo di indennità parte dal quarto giorno di malattia (i primi tre sono spesso a carico del datore), con un compenso pari al 50% della retribuzione media giornaliera. Dal ventunesimo giorno, si passa al 66,66%. Questo meccanismo è valido solo se la certificazione è formalmente corretta e accettata senza contestazioni.  Infine, il datore di lavoro può anche impugnare legalmente il certificato, allegando prove, pareri di altri medici o referti investigativi, in un procedimento davanti al giudice del lavoro. La malattia, dunque, non è mai un lasciapassare garantito.