La legge 104? Non è un’armatura | Ora si può essere LICENZIATI da un giorno all’altro, stravolta la norma

Lavoratore triste, disperazione - foto (C) Teleone.it
Una svolta importante sul fronte dei diritti dei lavoratori: la Cassazione stabilisce nuovi limiti ai licenziamenti
Negli ultimi decenni, il rapporto tra lavoratori e datori di lavoro ha subito un’evoluzione profonda, grazie anche all’azione progressiva del legislatore e delle sentenze giurisprudenziali. I diritti dei lavoratori sono diventati via via più solidi, non solo sul piano contrattuale, ma anche in termini di tutele personali e familiari. Norme come lo Statuto dei laovratori, la tutela contro i licenziamenti discriminatori e la possibilità di accedere a orari flessibili in casi specifici hanno contribuito a costruire un sistema più equo.
In questo quadro, una delle leggi più emblematiche è senza dubbio la Legge 104 del 1992, che tutela chi presta assistenza a familiari disabili. Grazie a essa, oggi è possibile accedere a permessi retribuiti, ottenere orari personalizzati e far valere esigenze legate alla cura come diritti veri e propri. Ma nonostante tutto, ancora oggi, i confini tra diritti acquisiti e esigenze aziendali restano labili.
Molti lavoratori si trovano in difficoltà quando devono conciliare l’assistenza con i ritmi imposti dal mercato. È qui che si inserisce un’importante sentenza della Corte di Cassazione – la n. 18063 del 2024 – che interviene su un caso concreto e pone un nuovo limite ai licenziamenti, stabilendo un principio fondamentale, che riguarda il licenziamento e le possibili alternative “tentate” dal datore di lavoro.
Si tratta, alla fine, di un messaggio forte e chiaro, che punta a rafforzare la giurisprudenza a favore dei lavoratori fragili e a ridefinire il concetto di licenziamento per “giustificato motivo oggettivo”. Ma spieghiamoci meglio, analizzando quanto accaduto e poi deciso dalla Cassazione.
Il caso emblematico, quando nemmeno la 104 basta più
La vicenda da cui nasce la sentenza riguarda un uomo che, da oltre vent’anni, lavorava su turni a ciclo continuo, usufruendo della Legge 104 per assistere la moglie gravemente invalida. Quando l’azienda ha deciso di eliminare la sua posizione, gli ha proposto un nuovo incarico come carrellista con orario a doppio turno, incompatibile con le sue necessità familiari.
Lui rifiuta e viene licenziato. In primo grado ottiene giustizia, ma la Corte d’Appello rovescia la decisione, sostenendo che non abbia dimostrato concretamente l’incompatibilità dell’orario con l’assistenza. A quel punto l’uomo si rivolge alla Cassazione – e arriva il colpo di scena. Perché la Suprema corte ribalta quello che era stato il verdetto, affermando un principio chiave: prima di licenziare un lavoratore che beneficia della 104, l’azienda deve cercare ogni altra soluzione possibile, anche attraverso un cambio mansione o un trasferimento di reparto. Questo obbligo prende il nome di ripescaggio (repêchage) e deve essere accompagnato da prove concrete.

Una sentenza che cambia lo scenario
Bisogna sottolineare che, nel caso specifico, l’azienda aveva continuato ad assumere personale con l’orario originario del lavoratore, dimostrando che una posizione compatibile esisteva, ma era stata negata. Per la Cassazione, ciò rappresenta una violazione dei principi di correttezza e buona fede nel rapporto di lavoro. Questa decisione rappresenta una svolta per i lavoratori caregiver, che ogni giorno lottano per bilanciare le esigenze lavorative e familiari. La sentenza n. 18063 del 2024 diventa così un precedente giuridico importante, in grado di essere citato in futuri casi simili. Non si tratta solo di una vittoria individuale, ma di un principio di civiltà giuridica. Ma è bene precisarlo: la legge non rende il caregiver inamovibile. Il licenziamento resta legittimo, ma solo se supportato da documentazione seria, verificabile e dettagliata che attesti l’impossibilità di ricollocazione. Una generica incompatibilità non basta più.
Questa sentenza si aggiunge a un trend giurisprudenziale crescente che tutela i diritti di chi assiste familiari disabili, in continuità con decisioni che, negli anni scorsi, hanno riconosciuto la possibilità di usufruire della 104 anche per attività compatibili con il ruolo di caregiver. Il messaggio, alla fine, è potente: la cura è un valore sociale che merita rispetto e protezione. Chi presta assistenza non può essere trattato come un ostacolo, ma come una risorsa. E da oggi, grazie a questa sentenza, i lavoratori caregiver possono affrontare il mondo del lavoro con una certezza in più: la giustizia è dalla loro parte.