MEDICI NEL MIRINO, la Cassazione li inchioda | I lavoratori esultano dopo anni di battaglie, ora è realtà

Medico in ospedale - foto (C) Teleone.it

Medico in ospedale - foto (C) Teleone.it

Una rivoluzione nel rapporto tra cittadini lavoratori e medici: ecco la grande novità e la decisione della Corte

In un’Italia dove la sanità pubblica fa i conti ogni giorno con carenze, liste d’attesa interminabili e personale ridotto all’osso, anche un gesto semplice come farsi visitare dal proprio medico può trasformarsi in un’odissea. Sono tanti i cittadini che, ogni giorno, devono fare i conti con ritardi sistemici, prenotazioni che slittano, code agli sportelli e risposte assenti. E la responsabilità non è sempre dei medici: spesso è il sistema, l’intera organizzazione delle ASP, a rendere difficile ciò che dovrebbe essere immediato.

I medici di base, oberati di lavoro e di burocrazia, si trovano a gestire flussi di pazienti sempre più ampi, senza il supporto adeguato. Le richieste avanzate dai sindacati di categoria per aumentare il numero di operatori sono rimaste spesso inascoltate, mentre le riforme promesse si sono tradotte, nella maggior parte dei casi, in misure temporanee. Intanto, il paziente resta intrappolato in un meccanismo lento, inefficiente e – talvolta – perfino scorretto.

Non sono rari i casi in cui i cittadini si sentono “abbandonati”. Visite rinviate, documenti richiesti senza trasparenza, e – come se non bastasse – richieste di denaro per certificati medici che dovrebbero essere gratuiti per legge. Una realtà tanto diffusa quanto taciuta. Il malessere serpeggia, e con esso la sfiducia verso il sistema sanitario nazionale.

Eppure, qualcosa sta cambiando. La pressione pubblica, le denunce degli utenti e le nuove sentenze della magistratura stanno aprendo uno spiraglio di giustizia e legalità. Una vera e propria inversione di tendenza che vede finalmente il cittadino al centro dei diritti.

La svolta giudiziaria a proposito di certificati medici

È di queste ore la notizia di una sentenza epocale della Corte Suprema di Cassazione. Iniziamo dicendo che la sentenza stessa rappresenta una vittoria netta dei cittadini lavoratori. Finalmente, dopo anni di silenzi, viene fatta chiarezza: il certificato medico rientra tra le prestazioni già pagate con le tasse dei cittadini, quindi nessun medico può chiedere denaro. L’orientamento della giurisprudenza, ormai chiaro e intransigente, protegge l’integrità del Servizio Sanitario Nazionale.

Il pronunciamento della Cassazione, di cui parliamo, ha un valore che va ben oltre il singolo episodio. Ribadisce un principio di legalità e trasparenza che deve regolare il rapporto tra medici e cittadini. E, soprattutto, restituisce dignità a chi lavora. Il certificato di malattia è una tutela, un diritto riconosciuto, e non può trasformarsi in una spesa extra per chi è già in condizioni fisiche o economiche difficili.

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Una vittoria dei lavoratori: ora è ufficiale

Ma facciamo chiarezza, e spostiamoci alla sentenza n. 19409 del 2025. Con queta è stato stabilito che il certificato di malattia deve essere rilasciato gratuitamente, senza alcun compenso, da parte del medico convenzionato con il Servizio Sanitario Nazionale. Un principio sacrosanto che, però, era stato messo in discussione da comportamenti scorretti, come dimostra il caso giudiziario esploso a Milano.

Un medico di base aveva infatti chiesto 30 euro ai suoi pazienti per la firma dei certificati, giustificandosi con il fatto che si trattava di richieste “amichevoli”. Ma la giustizia ha risposto con fermezza: anche una singola richiesta di denaro configura reato di istigazione alla corruzione. Né il tono scherzoso, né l’importo modesto possono giustificare un atto così grave da parte di chi riveste una funzione pubblica. La tutela è totale, anche in caso di un solo episodio, perché il danno non è solo economico, ma morale e sociale. Non si tratta solo di soldi, ma di fiducia nel sistema e rispetto per chi lavora onestamente. La Corte lo ha detto forte e chiaro: anche una singola richiesta rappresenta un abuso, e non sarà più tollerata.