Allarme CANCRO in spiaggia | Fai il bagno qui e rischi la vita: è tra le più amate d’Italia e in Sicilia lo sanno bene

cartello mare non balneabile

cartello mare non balneabile

La salute del nostro mare è in serio pericolo: ecco cosa è emerso dall’ultima inchiesta, e tutti i rischi per la salute

Ogni estate milioni di italiani e turisti si riversano sulle spiagge del nostro Paese, alla ricerca di acque cristalline e sabbie incontaminate. Dietro scenari da cartolina, però, motlo spesso può nascondersi una realtà allarmante: l’inquinamento marino. Monitoraggi e analisi delle acque balneabili sono condotti ogni anno da enti come l’ARPA e il Ministero della Salute per valutare la qualità delle coste italiane, e non sempre i risultati sono rassicuranti.

La Sicilia, per esempio, è una delle regioni più esposte a fenomeni di contaminazione. Nonostante sia bagnata da tre mari e vanti spiagge meravigliose, negli ultimi anni sono emersi numerosi casi di inquinamento che hanno reso alcune zone temporaneamente non balneabili. Tra le località più colpite si ricordano Isola delle Femmine, Capaci, alcune aree di Palermo, e tratti della costa orientale tra Siracusa e Catania.

I motivi sono vari: scarichi fognari abusivi, sversamenti industriali, incuria e mancanza di controlli costanti. L’ARPA Sicilia ha spesso evidenziato, nei suoi report stagionali, superamenti dei limiti microbiologici nelle acque marine, con rischi reali per la salute dei bagnanti e dell’ecosistema.

La situazione non è circoscritta: il rischio si estende a tutto il Mediterraneo, vittima di traffici marittimi, plastiche e sostanze chimiche che alterano gravemente l’equilibrio ambientale. La bellezza dei nostri mari rischia di essere solo apparente, e le conseguenze si fanno sentire anche sul turismo e sull’economia delle aree costiere.

Il caso delle spiagge bianche della vergogna

Nel cuore della Toscana, le spiagge bianche di Rosignano attirano turisti per il loro aspetto tropicale, ma nascondono una delle storie più inquietanti di inquinamento industriale in Italia. Un’inchiesta del programma Report ha rivelato che il candore della sabbia è dovuto agli scarichi della fabbrica Solvay, attiva dal 1912 e produttrice di bicarbonato di sodio.

Solo nel 2017, l’impianto ha riversato in mare oltre 4 tonnellate di arsenico, quasi 6 tonnellate di cromo e 13 tonnellate di benzene. Il mare ha subito per decenni lo sversamento di sostanze altamente tossiche come mercurio e Pfas, rendendo questa zona una delle più inquinate al mondo secondo l’ONU Ambiente. Eppure, la spiaggia resta aperta, con cartelli di divieto spesso ignorati da chi cerca solo una giornata al mare Lo stabilimento Solvay non solo ha contribuito all’inquinamento marino, ma ha anche condizionato l’economia e la vita della popolazione locale. Acqua e sale necessari alla produzione sono estratti in esclusiva dal territorio, con gravi impatti su Volterra e il fiume Cecina. L’accordo tra Stato e azienda ha alzato i limiti degli scarichi solidi da 60.000 a 250.000 tonnellate annue, legalizzando di fatto un danno ambientale.

Spiaggia in pericolo (fonte FB GiacomoVentrone) - teleone.it
Spiaggia in pericolo (fonte FB GiacomoVentrone) – teleone.it

Il disastro silenzioso per un altro stabilimento

Claudio Marabotti, medico del CNR di Pisa, ha denunciato l’aumento di casi di mesotelioma pleurico nella zona, e l’inquietante uso di ex discariche industriali per la coltivazione di grano. Non solo mare inquinato, quindi, ma anche terra e cibo potenzialmente contaminati. Il caso Rosignano non è isolato. A Spinetta Marengo, in Piemonte, un altro stabilimento Solvay è stato condannato per disastro ambientale a causa della diffusione di Pfas. Acque di falda contaminate sono state distribuite alla popolazione senza che questa fosse messa a conoscenza dei pericoli. E nonostante la messa al bando di queste sostanze, l’azienda ha iniziato a usare composti analoghi, ancora più difficili da monitorare.

In Italia, dunque, il binomio tra industria e ambiente resta drammaticamente attuale. Il mare, simbolo di bellezza e vita, diventa sempre più spesso teatro di uno scontro tra interessi economici e diritto alla salute. È tempo di vigilanza, trasparenza e scelte politiche coraggiose. Perché un mare malato è un rischio per tutti, non solo per chi ci nuota.