Addio anticipi, il lavoratore non può più chiedere alcunché: uno smacco così erano anni che non si vedeva | Lo Stato si è imposto

Lavoro problemi - foto (C) Teleone.it

Lavoro problemi - foto (C) Teleone.it

Il tema delle pensioni pubbliche ed una rivoluzione che potrebbe provocare nuovi “nodi”. 

Non c’è alcun dubbio: il sistema previdenziale italiano sta attraversando una delle fasi più complesse degli ultimi anni. Probabilmente, anche degli ultimi decenni. A causa dell’invecchiamento della popolazione, del calo demografico e della diminuzione dei lavoratori attivi, il peso delle pensioni pubbliche sul bilancio statale è diventato enorme. Secondo i dati aggiornati, nel 2025 la spesa previdenziale supererà i 289 miliardi di euro, pari al 15,3% del PIL nazionale. Questo scenario solleva forti preoccupazioni sulla sostenibilità futura del sistema.

Le proiezioni demografiche indicano che entro il 2050 oltre un terzo degli italiani avrà più di 65 anni. Il rapporto tra lavoratori attivi e pensionati continuerà ad assottigliarsi. Secondo l’Eurostat, nel 2070 l’indice di dipendenza degli anziani potrebbe superare il 65%, contro una media europea del 59,1%. A fronte di questa situazione, il governo ha avviato una riflessione profonda su come rifinanziare il sistema previdenziale.

Il nodo più caldo è l’età pensionabile. Attualmente fissata a 67 anni, l’ipotesi di innalzarla progressivamente fino a 70 anni è sul tavolo. Il governo punta a inserire questa misura nella prossima Legge di Bilancio o tramite un decreto specifico. Tuttavia, i sindacati si oppongono fermamente e propongono soluzioni alternative, come la pensione anticipata a 62 anni con 41 anni di contributi. Il confronto è ancora aperto e molto acceso.

A rendere ancora più delicata la questione è la proposta relativa al Trattamento di fine rapporto (TFR). Secondo l’idea promossa dal sottosegretario Claudio Durigon, il TFR maturato dai lavoratori non dovrebbe più essere versato automaticamente nei fondi pensione privati, ma restare nelle casse dell’INPS, diventando uno strumento per rafforzare la previdenza pubblica e facilitare l’uscita anticipata dal lavoro.

L’idea di una nuova gestione del TFR: ecco cosa cambia

Il progetto non prevede la nascita di un nuovo fondo, né una banca pubblica. I contributi di fine rapporto verrebbero semplicemente trattenuti dall’INPS e gestiti con criteri pubblici. Questo consentirebbe al sistema di offrire maggiore flessibilità in uscita per i lavoratori, abbattendo le soglie di accesso alla pensione anticipata. Per esempio, si pensa alla possibilità di modificare il moltiplicatore attuale (3,2) che vincola l’anticipo all’importo dell’assegno sociale.

La proposta è ambiziosa ma anche controversa. Dal punto di vista tecnico, nulla cambierebbe sulla titolarità del TFR, che resterebbe di proprietà del lavoratore. Tuttavia, dal punto di vista pratico, il capitale maturato verrebbe vincolato e non potrebbe più essere utilizzato per esigenze immediate come l’acquisto della prima casa, spese mediche o ristrutturazioni. In sostanza, il TFR diventerebbe un salvadanaio obbligatorio, accessibile solo al momento del pensionamento.

Inps insegna - teleone.it
Inps insegna – teleone.it

Diventerà vietato chiedere qualsiasi anticipo: i nodi e i dettagli

Mentre si discute della gestione pubblica del TFR, l’INPS rilancia il tema della previdenza complementare. Il presidente Gabriele Fava ha ribadito l’urgenza di rafforzare i fondi pensione integrativi, soprattutto tra i giovani. Solo 1 lavoratore su 4 con meno di 35 anni aderisce oggi a questi strumenti. Un dato che compromette la solidità futura del sistema pensionistico. Per aumentare l’adesione, si valuta un ritorno al meccanismo del silenzio-assenso: se il neoassunto non fa esplicita richiesta di destinazione del TFR, il suo conferimento avverrà automaticamente in un fondo pensione integrativo. Una soluzione che mira ad abituare le nuove generazioni a considerare la pensione come un investimento da costruire fin dai primi anni di lavoro.

Sul versante dei vantaggi, il nuovo approccio alla previdenza pubblica – TFR compreso – potrebbe offrire maggiore sicurezza e una gestione trasparente. Ma dall’altra parte c’è il rischio concreto che il lavoratore perda controllo su uno strumento che finora ha rappresentato una vera e propria riserva personale. In caso di emergenza, non poter utilizzare il proprio TFR potrebbe rivelarsi una scelta penalizzante. Il punto più critico resta quello degli anticipi per la salute. Nel nuovo schema, non sarebbe più possibile richiedere un anticipo per cure mediche straordinarie o operazioni salvavita. Questa rigidità preoccupa particolarmente i sindacati e le associazioni dei consumatori, che chiedono almeno una deroga per le emergenze sanitarie. Ma finora, il governo non ha lasciato spiragli in tal senso. Ad ogni modo, il dibattito resta aperto e, di certo, fondamentale sarà la capacità del governo di trovare un equilibrio tra efficienza e diritti.