È soprannominato “il Paese delle Robbe” ed è un piccolo borgo di poco più di 2mila abitanti | In provincia di Caltanissetta si trova questo gioiellino

La vista panoramica sul borgo (foto balarm) - teleone.it

La vista panoramica sul borgo (foto balarm) - teleone.it

Un luogo “d’altri tempi”, che curiosamente ha più volte cambiato nome: la svolta durante il Fascismo. 

Fra le colline dorate e antiche tradizioni, dunque nell’entroterra siciliano, si celano borghi che raccontano storie letteralmente “dimenticate”, ma parecchio coinvolgenti.

Nel cuore della Sicilia rurale, lontano dalle coste battute dai turisti, resistono villaggi medievali e paesini incastonati tra uliveti e campi di grano. Luoghi dove le tradizioni popolari si tramandano ancora oralmente e ogni angolo racconta un pezzo di storia. La provincia di Agrigento, con le sue colline brulle e le strade che serpeggiano tra masserie antiche, ospita alcuni dei borghi più autentici dell’isola.

Tra questi, spiccano gioielli come Sant’Angelo Muxaro, con le sue necropoli preistoriche, o Grotte, borgo noto per le sue manifestazioni religiose. Ma è in un piccolo paese nella provincia di Caltanissetta, ed a pochi chilometri da Agrigento, che si condensa una storia unica, fatta di letteratura, identità e curiosi cambi di nome.

Si tratta, in poche parole, di un borgo che ha cambiato nome più volte nel corso del Novecento: da Milocca a Littoria Nissena, per poi diventare Milena nel 1933. Ma questo luogo è anche profondamente legato alla cultura siciliana, avendo ispirato scrittori come Luigi Pirandello e affascinato intellettuali del calibro di Leonardo Sciascia.

Il borgo dei tre nomi e quell’intervento di Sciascia

Il 7 settembre 1985, Leonardo Sciascia, autore de “Il giorno della civetta”, fece visita a Milena in occasione della presentazione del libro “Da Milocca a Milena” dello storico locale Arturo Petix. In quell’occasione, Sciascia ricordò come lui e Petix fossero stati quasi compagni di scuola a Caltanissetta, entrambi allievi di Vitaliano Brancati.

Nel suo discorso, Sciascia elogiò il lavoro degli storici locali, citando Dante: “Poiché la carita del natio loco mi strinse, raunai le fronde sparte”, sottolineando l’importanza delle microstorie e della memoria collettiva. Espresse inoltre un personale attaccamento al nome originario del paese, Milocca, che gli ricordava l’infanzia e suonava più autentico rispetto al “quasi montenegrino” Milena. Sciascia concluse: “Io al vostro posto farei istanza perché questo paese torni a chiamarsi Milocca“. Un invito che rimase impresso nella memoria degli abitanti, ancora oggi affezionati alla loro antica identità milocchese. La storia del luogo è molto antica, tanto che spesso la cittadina in questione viene chiamata “paese delle Robbe”, termine che derivava dalle zone “appartenenti” al vecchio feudo, appunto chiamate “Robbe” (antiche abitazioni locali).

Leonardo Sciascia (foto graphe) - teleone.it
Leonardo Sciascia (foto graphe) – teleone.it

Milocca, Littoria Nissena, Milena: una storia… paradossale

Prima di assumere il nome Milena, il borgo fu ufficialmente chiamato Littoria Nissena per un brevissimo periodo di soli quattro mesi nel 1933, durante il regime fascista. Il podestà Carmelo Cipolla avanzò la proposta di modificare il nome in Villa Littoria, poi corretta in Littoria Nissena e approvata con Regio Decreto. Ma già a ottobre dello stesso anno fu presentata una nuova richiesta e così, il 4 dicembre 1933, il paese divenne Milena. Curiosamente, alcuni documenti anagrafici scoperti anni dopo riportavano nascite a “Littoria Nissena” anche in anni diversi dal 1933, come il 1921, il 1943 e persino il 1981. Si trattava di errori informatici, ma che avrebbero potuto ispirare il genio letterario di Camilleri. Una situazione quasi comica, in stile pirandelliano, che testimonia la singolare complessità identitaria del paese.

Questo aneddoto è stato ripreso dalla testata “La voce di Campofranco”, mensile che per anni ha rappresentato un pilastro culturale del Vallone e delle comunità dell’entroterra agrigentino. In queste terre, tra i fiumi Platani e Salito, gli abitanti continuano a definirsi milocchesi, legati a un nome che ha attraversato la storia, la politica e la cultura letteraria italiana. Un legame forte con le radici che resiste ancora oggi, tra muretti a secco, sagre contadine e antiche memorie scolpite nella pietra e nei cuori.