Questo borgo è abbandonato da 70 anni e non ci vive più nessuno: tra la campagna siciliana c’è questo luogo disabitato

Borgo Rizza (foto siracusapost) - teleone.it

Borgo Rizza (foto siracusapost) - teleone.it

Un luogo che, durante il fascismo, ebbe grande importanza: negli anni le cose sono cambiate drasticamente, fino alla situazione di oggi.

Tra le pieghe dell’entroterra siciliano, esistono decine di piccoli paesi oggi pressoché abbandonati. Sono borghi che un tempo pullulavano di vita rurale, agricoltura, tradizioni popolari e socialità semplice. Oggi, al loro posto, rimangono strade vuote, edifici decadenti e una memoria che svanisce col tempo.

Luoghi come Borgo Bonsignore, Borgo Cascino o Borgo Lupo nel Nisseno, sono diventati simboli dell’Italia che scompare. Iniziative pubbliche nate con il fascismo, spesso collegate alla riforma agraria, hanno dato vita a questi nuclei rurali che però, negli anni del boom economico e dell’urbanizzazione, si sono lentamente spopolati.

Nelle zone montane, poi, la situazione è ancora più drammatica. Borghi come San Pietro Patti, Novara di Sicilia, o Sambuca di Sicilia contano ormai meno di 1.000 abitanti. Le scuole chiudono, le botteghe scompaiono, e l’unico presidio spesso rimasto è un ufficio postale semi-deserto.

La Regione Siciliana ha tentato di reagire lanciando bandi per ripopolare questi luoghi, promuovendo il turismo lento e la vendita simbolica di case a 1 euro. Tuttavia, la mancanza di infrastrutture, collegamenti e servizi rende la rinascita molto più complessa. In questo scenario, spicca un caso emblematico e controverso: Borgo Rizza, alle porte di Carlentini, nel Siracusano.

Il “caso” Borgo Rizza, la storia di un abbandono annunciato

Borgo Rizza nacque nel 1940 come centro rurale promosso dall’Ente di colonizzazione del latifondo siciliano. Il nome fu scelto in onore di Angelo Rizza, diciassettenne siracusano morto durante una rissa nel 1921 e considerato dai fascisti un martire. L’intero complesso fu progettato dall’ingegnere Gramignani e costruito dalla Società Ferrobeton per circa 1 milione di Lire.

L’inaugurazione, voluta in pompa magna dal regime, avvenne nel dicembre dello stesso anno. Il borgo era completo di tutti i servizi: una Casa del Fascio, una trattoria, un ambulatorio, botteghe artigiane, un ufficio postale, una caserma dei carabinieri, una scuola con alloggio per la maestra e persino una chiesa con canonica. Ma nonostante il disegno razionale e l’apparente efficienza, la vita del borgo fu breve.

Borgo Rizza, ministero agricoltura (foto lanostraterra) - teleone.it
Borgo Rizza, ministero agricoltura (foto lanostraterra) – teleone.it

La memoria cancellata: Un simbolo dell’Italia “che scompare”

Nel 1946, dopo i danni della guerra, l’Impresa Restuccia eseguì i primi lavori di riparazione. Ma un sopralluogo dello stesso anno segnalava un borgo già abbandonato: niente maestra, carabinieri spostati, ufficio postale vuoto. Il Comune di Carlentini, persino, si appropriò di parte del mobilio pubblico. Negli anni ’60 e ’70, pur essendo già in stato di abbandono, il borgo fu oggetto di una serie di lavori pubblici dal costo milionario. Si procedette con la manutenzione degli edifici, l’elettrificazione e perfino la formalizzazione della cessione al Comune da parte dell’ESA. Tuttavia, nulla fu fatto per rianimare realmente il borgo.

Nel 2008, un barlume di speranza: il Comune di Carlentini progetta di trasformare il borgo in un centro servizi per la Valle dell’Anapo, con finalità formative e promozionali. Nel 2010 arriva anche un protocollo d’intesa con l’Assessorato regionale per avviare un centro di ricerca vivaistica. Ma anche questa volta, tutto si arena in burocrazia e mancanza di volontà. Oggi Borgo Rizza è un esempio perfetto di come l’abbandono e l’inefficienza amministrativa possano cancellare la memoria di un intero territorio. Secondo la legge del 1940, il borgo è parte del demanio regionale e vincolato ad uso di pubblica utilità. Ma la realtà è fatta solo di silenzio, intonaci scrostati e cancelli chiusi.