“Stiamo pagando tasse extra”: il Fisco preso d’assalto | Richiesta di spiegazioni immediate

agenzia delle entrate teleone.it

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Le banche italiane denunciano un alto carico fiscale, anche rispetto al resto d’Europa: si accende la protesta.

Nel cuore del dibattito fiscale europeo, le banche italiane tornano, ancora una volta, a far sentire la propria voce. L’ABI (Associazione Bancaria Italiana), attraverso il suo presidente Antonio Patuelli, ha lanciato un chiaro segnale al legislatore: gli istituti di credito pagano da più di dieci anni una mole di tassazione straordinaria che non trova eguali nei partner europei.

La polemica si è riaccesa anche alla luce delle recenti iniziative di politica economica italiana, come la controversa tassa sugli extraprofitti, annunciata nel 2023 dal governo guidato da Giorgia Meloni. Questa misura, sebbene modificata in corso d’opera, ha evidenziato una certa diffidenza istituzionale verso i profitti bancari, generando forti tensioni in Borsa e nei mercati finanziari.

Durante l’audizione presso la Commissione parlamentare d’inchiesta sul sistema bancario e finanziario, Patuelli ha denunciato come le banche italiane siano le uniche in Europa a pagare due addizionali fiscali permanenti: l’addizionale IRES e l’addizionale IRAP. Un’anomalia che pone il settore bancario nazionale in evidente svantaggio competitivo.

Il presidente dell’ABI ha inoltre chiarito che le imposte definite “straordinarie” devono rimanere tali e non trasformarsi in tributi sistematici. Ha ribadito che il concetto di extraprofitti non esiste nella Costituzione italiana, dove prevale il principio della proporzionalità delle aliquote.

La concorrenza bancaria e l’equità fiscale in Europa

La denuncia di Patuelli non si limita al solo ambito fiscale nazionale. Secondo l’ABI, l’intero sistema bancario europeo vive uno squilibrio normativo, dovuto anche all’applicazione disomogenea delle regole di Basilea 3+. Questa normativa, pur avendo lo scopo di rendere più solide le banche, viene adottata con tempi e modalità differenti nei vari Stati membri, minando l’uguaglianza concorrenziale.

Non possiamo permetterci di restare indietro rispetto al bacino europeo”, ha dichiarato Patuelli. Il timore è che la continua pressione normativa e fiscale allontani l’Italia da investimenti esteri e danneggi la stabilità dell’intero settore bancario nazionale, già esposto a rischi macroeconomici rilevanti. Ma, a rendere ancora più incerta la situazione, si aggiungono le tensioni commerciali internazionali. I dazi minacciati da Donald Trump, pur momentaneamente sospesi, preoccupano le banche italiane per gli effetti negativi potenziali sui mercati e sull’accesso al credito. Un aumento degli scambi doganali potrebbe infatti impattare sul PIL e sulla capacità di rimborso dei debitori, generando un incremento dei crediti deteriorati (NPL).

Risparmi banca (foto lagazzettadelserchio.it) - teleone.it
Risparmi banca (foto lagazzettadelserchio.it) – teleone.it

Dai dazi allo spettro della “recessione globale”

In questo scenario fragile, Patuelli invita a una riflessione più ampia: è fondamentale non solo evitare nuovi dazi, ma anche semplificare le normative europee e italiane in ambito bancario, assicurando una cornice di regole chiare, stabili e previste a lungo termine. Solo così sarà possibile incentivare gli investimenti produttivi e garantire la crescita sostenibile del settore. L’ABI sollecita dunque una strategia fiscale più equilibrata che non penalizzi le banche italiane per il semplice fatto di operare in patria.

In poche parole, dunque, occorre creare condizioni più favorevoli per impieghi produttivi del risparmio, evitando che la pressione fiscale scoraggi la competitività del nostro sistema bancario. Alla luce delle tensioni internazionali, dei costi energetici in crescita e delle sfide normative, l’Associazione bancaria italiana lancia un appello al governo: serve un intervento strutturale che allinei l’Italia agli altri Paesi UE, sia sul piano fiscale che normativo, per non pregiudicare la tenuta del sistema finanziario nazionale.