È questa qui la Regione più povera d’Italia: chi ci vive fa davvero fatica ogni mese | I dati non mentono

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Grandi differenze di reddito tra le regioni italiane: e c’è qualcuno che sta molto peggio degli altri.
Negli ultimi vent’anni, l’Italia ha vissuto trasformazioni profonde in ambito economico e sociale. Le regioni del Nord hanno continuato a rafforzare il proprio tessuto produttivo, puntando su settori ad alto valore aggiunto come la manifattura avanzata, l’automazione industriale, la chimica e i servizi finanziari. In città come Milano, Bologna e Torino si concentrano le sedi di grandi aziende, startup tecnologiche e centri di ricerca. I lavoratori del Nord Italia godono generalmente di stipendi più alti, maggiore stabilità e opportunità professionali diversificate.
Al contrario, il Mezzogiorno ha sofferto una crescita più lenta e discontinua. In molte regioni del Sud, le occasioni lavorative sono ancora legate a settori tradizionali come l’agricoltura, l’edilizia o i servizi pubblici, spesso con retribuzioni inferiori. La disoccupazione giovanile rimane un problema rilevante, e l’emigrazione verso il Nord o l’estero ha privato molti territori delle loro energie migliori. Questo squilibrio si riflette in maniera evidente nei dati ufficiali sui redditi.
La Lombardia è saldamente in testa alla classifica nazionale con un reddito medio annuo di 28.100 euro, seguita dalla provincia autonoma di Bolzano (27.300 euro) e dall’Emilia-Romagna (25.900 euro). Si tratta di regioni economicamente trainanti, dotate di infrastrutture moderne e mercati del lavoro dinamici. Tra le prime dieci figurano anche Lazio, Piemonte e Veneto, regioni dove il livello di vita è sensibilmente più alto rispetto al Sud.
Scendendo nella graduatoria troviamo le regioni meridionali. La Sicilia, in particolare, occupa il 18° posto con un reddito medio di 19.300 euro annui. La Puglia e il Molise fanno appena meglio, ma le cose non sono, di certo, positive sempre a proposito di redditi. Si tratta di una serie di numeri che, insomma, certifica la persistenza del divario Nord-Sud e la difficoltà del Mezzogiorno a innescare un vero rilancio economico. Ma andiamo a vedere nei dettagli le differenze, regione per regione, con un focus sull’isola più a Sud.
I comuni più ricchi (e poveri) della Sicilia
All’interno della Sicilia, il quadro regionale si riflette anche nella differenza tra i vari comuni. Secondo i dati del Ministero dell’Economia e delle Finanze, il centro con il reddito medio annuo più alto è Sant’Agata Li Battiati, in provincia di Catania, che tocca quota 27.926 euro. Seguono San Gregorio di Catania, Aci Castello e Tremestieri Etneo, anch’essi in provincia di Catania. Buone posizioni anche per Taormina e Messina, spinte probabilmente dal comparto turistico.
Di contro, i comuni più poveri della Sicilia si trovano per lo più nelle zone interne. In cima alla classifica dei meno abbienti c’è Mazzarrone, con un reddito medio di appena 10.577 euro. Seguono Acquaviva Platani, Platani, San Cono e Castrofilippo. Questi numeri sottolineano come l’economia siciliana sia ancora estremamente frammentata e legata alla posizione geografica e alla presenza o meno di attività produttive stabili.

Il Sud che fatica: il caso della regione ultima in classifica
Tra tutte le regioni italiane, ce n’è, tuttavia, una che presenta i dati più critici in termini di reddito. Con soli 17.900 euro medi annui, rappresenta il fanalino di coda della classifica nazionale. Nonostante i fondi europei, gli incentivi statali e le varie misure di rilancio, questa terra continua a scontare una cronica carenza di investimenti, infrastrutture obsolete e una fuga costante di giovani talenti.
Eppure, non mancano segnali incoraggianti. Il settore turistico è in continua crescita, grazie a un patrimonio naturale e culturale straordinario: parliamo, naturalmente, della Calabria, con le spiagge di Tropea e Capo Vaticano o le montagne della Sila, passando per i borghi storici e i percorsi enogastronomici. Il turismo, se ben gestito, potrebbe rappresentare la chiave per un futuro più sostenibile, con ricadute positive sull’occupazione e sul benessere locale. Il problema del reddito in Italia, insomma, è strettamente connesso alle opportunità lavorative, alla formazione e all’accesso alle risorse. Se il Nord corre, il Sud ha bisogno di un piano strutturato per colmare un divario che, se ignorato, rischia di diventare insormontabile.