“Non ci sono prove sul concorso di Matteo Messina Denaro negli attentati di Capaci e via D’Amelio”. Queste alcune delle dichiarazioni dell’avvocato difensore d’ufficio del boss mafioso, a conclusione dell’arringa difensiva nel processo in corte d’Assise d’Appello a Caltanissetta sulle stragi del ’92. Nel processo, in cui la difesa chiede l’assoluzione, Messina Denaro è accusato di essere il mandante dei due attentati.
“Sulla scorta delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, nonché delle sentenze irrevocabili acquisite nel corso dell’istruttoria dibattimentale, emerge l’assoluta incertezza dell’effettivo ruolo che Matteo Messina Denaro rivestiva all’interno della compagine mafiosa trapanese”, ha spiegato Adriana Vella, il legale d’ufficio.
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L’avvocato ha poi sottolineato la “mancanza anche solo di elementi indiziari gravi precisi e concordanti in merito alla partecipazione dell’imputato in seno alle riunioni in cui fu deliberato il piano stragista”.
L’udienza è stata rinviata alle 9.30 del 19 luglio, nell’aula Costa del Tribunale di Caltanissetta. “Non vi è prova – ha inoltre spiegato Vella – che l’imputato abbia fornito uomini per il compimento delle due stragi, né l’esplosivo utilizzato per il compimento delle stesse, né ancora supporto logistico sempre a tali fini”.
E intanto, nemmeno per l’udienza di oggi il boss s’è presentato. La sedia della postazione di videocollegamento dal carcere de L’Aquila, dove l’ex superlatitante è detenuto, anche questa volta è rimasta vuota. Messina Denaro in primo grado era stato condannato all’ergastolo.
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