Nella via Sgarlata, nel cuore di Corleone, un silenzio anomalo ha portato i parenti a lanciare l’allarme per Lucia Pecoraro, 77 anni, che non rispondeva più al telefono. L’arrivo dei soccorritori ha purtroppo confermato la peggiore delle ipotesi: la donna ha ucciso la figlia Giuseppina Milone, 47 anni, affetta da gravi problemi di salute, per poi togliersi la vita. La famiglia era già stata duramente colpita otto mesi fa dalla morte di Salvatore Milone, marito di Lucia ed ex infermiere dell’ospedale dei Bianchi, persona molto stimata in paese.
Da allora Lucia si era ritrovata sola a occuparsi della figlia, le cui condizioni erano peggiorate al punto da rendere difficoltosa persino la deambulazione. Nonostante le difficoltà, madre e figlia continuavano a partecipare alla vita della comunità: frequentavano la parrocchia, avevano preso parte a un viaggio a Pompei con un gruppo religioso e ricevevano il supporto dei nipoti, che avevano coinvolto i servizi sociali. Sembrava che la loro vita, pur fragile, trovasse un equilibrio. Ma sotto quella superficie si nascondeva una disperazione silenziosa.
Questa mattina Giuseppina avrebbe dovuto eseguire un esame clinico, e l’assenza di risposte alle telefonate dei parenti ha fatto scattare immediatamente l’allarme. I vigili del fuoco hanno aperto la porta e scoperto la tragica scena, poi raggiunti dai carabinieri per gli accertamenti del caso.
“Conoscevamo bene la famiglia”, racconta un vicino particolarmente scosso. “Erano persone buone, sempre insieme nelle passeggiate e nei momenti quotidiani. Dopo la morte del marito, Lucia non si era mai arresa. La notizia ci ha raggelato. Nessuno avrebbe mai pensato a un epilogo così drammatico”.
Profonda commozione anche dalle istituzioni: “Siamo sconvolti”, ha dichiarato il sindaco di Corleone Walter Rà. “La comunità è vicina ai parenti. Questa tragedia lascia un vuoto enorme e ci ricorda quanto sia importante non lasciare nessuno da solo”. I carabinieri stanno ricostruendo la dinamica del gesto e valutando il contesto psicologico e familiare che potrebbe aver condotto Lucia all’estremo atto. Le prime ipotesi parlano di una disperazione maturata nel tempo, aggravata dalla solitudine e dalla gestione quotidiana della disabilità della figlia.
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