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“Dolore che arriva al cielo, le parole non sono nulla”: l’addio a Paolo Taormina, le parole di Lorefice

“Un dolore inconsolabile. Un urlo che arriva fino al cielo. È assurdo che un figlio venga rubato ai genitori, alle sorelle, ai fratelli, agli amici. Al suo lavoro e alla comunità cittadina. Siamo qui, raccolti e chiamati da Paolo che è stato ucciso. Chiamati dai figli di Rachele, da Abele, da tutti gli uccisi dalla violenza omicida. E non abbiamo parole. Perché di fronte al dolore abissale e inspiegabile, le parole non sono nulla”.

Queste le toccanti parole dell’arcivescovo di Palermo, Corrado Lorefice, nell’omelia per le esequie Paolo Taormina, il ventunenne ucciso domenica scorsa nel capoluogo siciliano da Gaetano Maranzano, 28 anni, con un colpo di pistola alla nuca.

“Gli amici di Giobbe – come si legge nella Bibbia – che provano a giustificare la catena di disgrazie cadute addosso al loro povero compagno, mettono in scena una parodia della giustizia, una inutile difesa di Dio, di fronte alla quale Giobbe ricorda loro il rispetto che si deve al dolente: ‘A chi è sfinito è dovuta pietà dagli amici, anche se ha abbandonato il timore di Dio’. E questo rispetto è fatto di prossimità e di silenzio. Nel silenzio proviamo a comprendere una goccia dello strazio di voi genitori, parenti, amici, della città tutta”.

Rivolgendosi ai familiari Lorefice ha detto: “Piango e con voi rivolgo al Signore la domanda terribile che urla nei vostri cuori: perché? Sono con voi per dirvi che Paolo non è scomparso, non è finito nel nulla, egli vive anche nel cuore di Cristo”.

“Nessuna motivazione rende legittima l’uccisione di un uomo. E piangendo per Paolo – aggiunge l’arcivescovo – piangiamo per tutti i morti, uccisi dalle guerre, dalla mafia, dalla violenza, dal narcisismo delirante, dal culto della forza virile. La giustizia deve fare il proprio corso. Ma scacciamo dal nostro cuore la voglia di uccidere Caino”.

“Come scrivevamo con l’arcivescovo di Monreale, monsignor Gualtiero Isacchi’, ‘non si tratta solamente di presidiare e mettere a soqquadro i quartieri a rischio o i luoghi della movida, bensì di essere presenti tutti e insieme, a cominciare dalle istituzioni civili, militari, scolastiche, religiose, con una politica della cura dei più fragili. Fragili per mancata equa destinazione di lavoro, casa, pane, per accesso alla cultura, per opportunità occupazionali e di crescita umana e spirituale”.

redazione

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