“Nel corso della trasmissione “Lo stato delle cose” del 22 settembre scorso, il conduttore Massimo Giletti ha ritenuto doveroso dare conto di una intercettazione, avvenuta dentro casa mia, nella quale, parlando con mia moglie e sua figlia, ho pronunciato parole di cui mi dispiaccio profondamente nei confronti dei figli e della vedova del compianto Paolo Borsellino. Non prendo qui posizione sulla barbara divulgazione di frasi pronunciate nel contesto più privato che esista: siccome, però, quelle parole sono ormai pubbliche e hanno provocato comprensibile immenso dolore in chi di dolore ne ha già provato troppo, voglio chiedere pubblicamente scusa ai familiari di Paolo Borsellino, che non meritavano certo quest’ulteriore supplizio”.
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Queste le parole dell’ex magistrato Gioacchino Natoli che è intervenuto, con una lettera di scuse alla famiglia Borsellino, dopo le intercettazioni al centro della trasmissione Rai “Lo stato delle cose”.
“Vorrei solo evidenziare che quelle parole sono state pronunciate a distanza di qualche giorno da quando ho saputo di essere indagato per l’infamante ipotesi di favoreggiamento aggravato alla mafia: notizia letteralmente sconvolgente che mi ha prodotto tale e tanta disperazione e rabbia da farmi perdere, nell’immediatezza e nei tumultuosi mesi successivi, lucidità e senno. Disperazione perché, a quasi ottant’anni, tutto avrei pensato, dopo una vita trascorsa a combattere la mafia, fuorché di poter essere indagato per averla addirittura favorita. Rabbia perché l’inchiesta è stata preceduta da un violentissimo attacco nei miei confronti da parte dell’avv. Fabio Trizzino, che nessuno dei figli del dr. Borsellino (che ho visto crescere e ai quali, in particolare a Manfredi, sono sempre stato vicino) ha invitato, quanto meno, a maggiori cautele verbali. In questo alterato stato emotivo, sconvolto da disperazione e rabbia, mi sono scappate – tra le mura di casa mia – parole che, in un momento di lucidità, non avrei mai detto, semplicemente perché non le penso né le ho mai pensate. E mi scuso – conclude Natoli – soprattutto per aver tirato in ballo, d’impeto, anche la Signora Agnese, che con garbo, decoro e sobrietà ha sempre custodito la memoria del marito, tramandandone i valori”. (foto antimafia duemila)
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