macron (foto italpress) teleone.it
Per sfuggire al caos del suo Paese, si rifugia nella politica estera: pontifica sull’Ucraina o filosofeggia sulla Palestina… Prima o poi dovrà affrontare la realtà…
(di Giulio Ambrosetti) In Francia va in scena un paradosso politico ed economico. Emmanuel Macron, il presidente della Francia piazzato al vertice di questo Paese dai grandi finanziari e bancari globalisti (in massima parte) e francesi (in minima parte), per sopravvivere politicamente dovrebbe tassare chi per ben due volte ha contribuito in modo determinante alla sua elezione all’Eliseo, residenza ufficiale del presidente della Repubblica francese. C’è chi, in queste ore, ironizza sul nome Eliseo, profeta ebreo antico, che significa “Dio è la mia salvezza”. Nel caso di Macron, la salvezza della sua poltrona di presidente della Francia arriverebbe da quello che resta del Partito Socialista francese in versione tassaiuola. Ma andiamo con ordine.
E’ noto che François Bayrou, ormai ex capo del Governo francese, si è dimesso (qui puoi allegare il primo articolo). O meglio, è stato mandato a casa a furor di popolo dai due più grandi partiti della Francia: la destra del Rassemblement National di Marine Le Pen e la sinistra de La France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon. Al suo posto è arrivato Sébastien Lecornu, che in realtà ancora non si è insediato. Prima di dare vita al nuovo Governo, il neo capo dell’esecutivo vuole capire quali sono i margini di manovra che ha a disposizione, ovvero dove raccattare i voti in Parlamento per andare avanti. La situazione economica della Francia, stando ai demenziali parametri dell’Unione europea che anche Macron e la sua cricca di banchieri e finanziari hanno sempre avallato, è complessa, se non drammatica, con un deficit di bilancio pubblico che resta stabilmente sopra il 5% del Prodotto Interno Lordo (PIL) e un debito pubblico pari a 3 mila 345 miliardi di euro, di 345 maliardi di euro maggiore di quello italiano. Se fino ad ora la Francia non è crollata lo deve alla Banca Centrale Europea (BCE) che, detto in soldoni, non ha messo in pagamento le ‘rate’ del debito francese (invece l’Italia paga ogni anno oltre 100 miliardi di euro di interessi sul debito pubblico all’anno). Superfluo aggiungere che la presidente della BCE è la francese Christine Lagarde…
Da quello che si legge qua e là, l’unico partito politico francese che potrebbe assicurare in Parlamento (che in Francia si chiama Assemblea Nazionale ed è formata da 577 deputati) è il Partito Socialista. Si tratta di una formazione politica semifallita che ha perso una barca di voti per essere andata dietro all’Unione europea dell’euro, dimenticandosi i lavoratori. E infatti i voti dei socialisti francesi sono finiti in larga parte nella citata La France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon.
La stessa cosa è successa in Italia con il Partito Democratico. Solo che nel nostro Paese non si è ancora trovata una vera sinistra alternativa al PD, partito europeista e globalista. Ci sta provando Marco Rizzo con Democrazia Sovrana a Popolare, che predica correttamente l’uscita dell’Italia dall’Unione europea, ma i mezzi d’informazione italiani, quasi tutti ‘europeisti’, lo ignorano.
Forse per cercare di riprendersi un po’ i voti, i Socialisti francesi, per sostenere il nuovo Governo di Sébastien Lecornu, hanno chiesto che nel programma venga inserita un’imposta patrimoniale annua sui ricchi, ovvero su chi possiede patrimoni del valore superiore a 100 milioni di euro. L’aliquota sarebbe del 2% e, stando a quello che si legge sui giornali francesi, andrebbe a colpire circa mille e 800 contribuenti, facendo incassare al Governo francese 20 miliardi di euro all’anno. Tale imposta patrimoniale – perché alla fine di questo si tratterebbe – è stata definita “tassa Zucman” dal nome dell’economista Gabriel Zucman che l’ha ideata.
In realtà, se proprio la dobbiamo dire tutta, non è che questo economista abbia inventato qualcosa di originale, perché, da che mondo è mondo, le imposte sui patrimoni sono sempre esistite.
Ma allora perché se ne parla tanto? Grosso modo, per due semplici ragioni. Prima ragione: a differenza dell’ex Primo Ministro, Bayrou, che avrebbe voluto rastrellare denaro riducendo la spesa sociale ed eliminando due giorni festivi, il nuovo capo del Governo dovrebbe colpire i ricchi. Seconda ragione: una mossa del genere consentirebbe ai Socialisti francesi di riconquistare la credibilità politica che hanno perso andando dietro ai globalisti dell’Unione europea, ma scatenerebbe il caos tra i grandi elettori di Macron, che non sono esattamente i poveri di Parigi… Riuscite a immaginare i banchieri e i finanzieri francesi, che hanno sostenuto Macron e le sue campagne elettorali, colpiti al cuore (leggere al portafogli) dal politico che hanno fatto eleggere? Sarebbe una barzelletta. Né Macron, Lecornu e compagnia bella hanno speranza di trovare i voti tra la destra di Le Pen e la sinistra di Mélenchon.
Insomma, lo scenario politico che si va delineando in Francia è tragicomico. Macron fa finta di niente: promette dannunzianamente “immancabili destini” in Ucraina sognando la sconfitta della Russia di Putin, all’ONU si schiera per il riconoscimento dello Stato della Palestina. Per dirla in breve, per fuggire dai problemi reali del suo Paese, che purtroppo per lui sono molto stringenti, si rifugia nella politica estera. In fondo è quello che stanno facendo anche il Governo del Regno Unito e la sinistra italiana, tra PD, grillini e CGIL. Fatti quattro conti, chi oggi, in Francia e in Italia, è a corto di argomenti si cimenta nella ‘Grande politica estera’. Il problema è che i problemi rimangono. I grandi elettori di Macron – sempre loro: banchieri e finanzieri – hanno fatto sapere al traballante presidente e a Lecornu che i miliardari francesi sono già pronti, con le valigie in mano, a trasferire la loro residenza fuori dalla Francia. Siccome questa eventuale quanto improbabile imposta patrimoniale del 2% annuo dovrebbe passare per un voto del Parlamento francese, i ricconi di questo Paese si renderebbero in quattro e quattr’otto uccel di bosco prima del voto dell’Assemblea Nazionale. Peraltro, in Europa non è che manchino i paradisi fiscali, dall’Olanda al Lussemburgo, fino alla Svizzera, oltre alle tante isole sparse per il mondo. Alla fine, Macron cadrebbe per mano dei suoi stessi sostenitori.
Non solo. I ricconi hanno già fatto sapere, sempre a Macron e a Lecornu, che una mossa del genere andrebbe a tassare anche le imprese in crescita, che sono quelle che stanno tenendo in piedi l’economia francese. Questa, forse, è l’obiezione più importante, che prescinde dalle stupidaggini della globalizzazione economica. Le cosiddette start-up tecnologiche oggi sono elementi centrali dell’economia mondiale: una patrimoniale a carico di quelle francesi avvantaggerebbe le start-up tecnologiche di altri Paesi. Sarebbe un clamoroso autogol. E allora? E allora Macron e Lecornu si dovranno inventare qualche altra cosa. Cosa? Impossibile fare previsioni, anche perché la situazione è estremamente complicata. Il dato certo è che il nuovo Governo francese, ammesso e non concesso che riesca a insediarsi, non potrà colpire il popolo francese che, come non ci stanchiamo mai di ripeterlo, non è come quello italiano, che si accolla tutto: IMU, Monti, Draghi, Prodi, aumento dell’età pensionabile, stipendi più bassi d’Europa, Comuni senza soldi, strade dissestate, ospedali a corto di medici e infermieri, BCE, Unione europea e via continuando con l’ambaradan ‘europeista’. I francesi sono già scesi in piazza a protestare. E lo faranno ancora. Storicamente, non sono di ‘muso dolce’. Anzi…
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