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Vittima di bullismo, morto a 15 anni: il drammatico racconto della mamma, le richieste senza risposte, il calvario

Le denunce e gli anni di richieste senza risposte: un dramma che riaccende ancora il dibattito sul tema

Un dolore senza fine scuote la comunità di Santi Cosma e Damiano (Latina) dopo il suicidio di un ragazzo di 15 anni vittima di bullismo. “Mio figlio era una preda. Ogni volta che subiva un episodio i professori non placavano gli animi, non lo difendevano, urlavano come se fosse lui dalla parte sbagliata”. Con queste parole, la mamma Simonetta La Marra racconta il calvario vissuto dal giovane. Il ragazzo, maturo e dotato di un linguaggio pacato ed educato, non ha retto al peso delle continue vessazioni.

Il dramma ha scosso la cittadina laziale e aperto un dibattito nazionale sul ruolo delle scuole nella lotta al bullismo. Secondo i familiari, la persecuzione era iniziata già dalla quinta elementare e si era trascinata per anni, dalle medie fino al primo anno dell’istituto tecnico a indirizzo informatico.

I genitori avevano più volte denunciato episodi violenti e intimidazioni. Tra i più gravi, un compagno che lo aveva minacciato brandendo un cacciavite di plastica. Nonostante le segnalazioni ai carabinieri e al Provveditorato, nulla era cambiato.

Il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara ha inviato ispettori nelle scuole frequentate dal giovane, dichiarando: “Dobbiamo verificare se la legge è stata rispettata”. Intanto la Procura di Cassino ha aperto un fascicolo per istigazione e aiuto al suicidio.

Le denunce e l’indifferenza

I genitori raccontano di aver fatto telefonate, inviato lettere raccomandate e persino sporto denuncia. Ma le risposte delle istituzioni sono state deboli, quando non del tutto assenti. L’indifferenza, sostengono, ha permesso ai bulli di continuare indisturbati.

Neanche il trasferimento in un comune vicino, Castelforte, aveva fermato la spirale di persecuzioni. Anche lì, il ragazzo aveva continuato a subire offese e minacce, con un isolamento sempre più pesante. “Era stanco, si sentiva senza via d’uscita”, raccontano i familiari.

ragazzi cellulare – foto teleone.it

Il grido d’aiuto del ragazzo

“Ultimamente mi diceva sempre: ‘È finita la libertà, devo tornare a scuola’. Io lo consolavo. Se avessi saputo che andava a finire così non l’avrei più mandato”, ha dichiarato la madre in un’intervista a Il Corriere della Sera. Parole che rivelano un dolore insopportabile, quello di un adolescente che non trovava più spazio per vivere serenamente.

Il fratello aggiunge: “Ci sono decine di chat e infinite discussioni in gruppi scolastici che dimostrano tutto”. Proprio per questo la Procura ha sequestrato cellulari e computer, per ricostruire la rete di vessazioni che ha spezzato una giovane vita. Una tragedia che rilancia con forza il tema del contrasto al bullismo nelle scuole italiane.

Marco Bianchetti

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