Bambino a scuola - foto (C) Teleone.it
Il grande caldo non lascia “in pace” l’Italia, e i problemi si riflettono su quanto avverrà nei prossimi mesi: ecco perché a rischio sono anche i “banchi”
L’estate 2025 non è ancora finita, ma, si può dire con certezza, ha già lasciato il segno su tutta l’Italia. Le ondate di calore che hanno colpito il Paese nelle ultime settimane hanno superato ogni previsione, con punte che in alcune aree del Sud hanno toccato i 44 gradi. Si tratta di un caldo estremo che mette in difficoltà non solo le fasce più fragili della popolazione, ma anche l’intero sistema sociale, dalle famiglie agli studenti, passando per i lavoratori stagionali e urbani.
Gli esperti del clima parlano ormai di una tendenza stabile, e le previsioni per i prossimi anni non sono rassicuranti. Secondo i climatologi, le estati italiane continueranno a essere sempre più lunghe, torride e afose, con un impatto diretto sulla qualità della vita e sulla produttività. Il cambiamento climatico non è più un fenomeno futuro: è già qui e sta riscrivendo abitudini, stagioni e ritmi quotidiani.
In questo contesto, diventa urgente pensare ad azioni concrete da parte delle istituzioni. Il governo è chiamato a intervenire con misure di sostegno per le famiglie, come incentivi per l’acquisto di condizionatori e dispositivi di raffreddamento, in particolare per chi vive nelle zone più calde. Inoltre, è necessario un vero e proprio piano nazionale per contrastare il disagio termico, con investimenti in edilizia sostenibile e ristrutturazioni energetiche.
La battaglia contro il caldo estremo non può essere lasciata al caso. Oltre alle case private, anche le scuole devono essere adeguate con sistemi di ventilazione efficienti, finestre isolanti e ambienti climatizzati. In molte zone d’Italia, in particolare nel Sud e nelle isole come la Sicilia, il ritorno in aula diventa un vero e proprio problema di salute pubblica.
Naturalmente il mese di settembre è sempre stato sinonimo di zaini nuovi, quaderni bianchi e il suono della prima campanella. Ma negli ultimi anni, la realtà è ben diversa: gli studenti si trovano a fare i conti con aule bollenti, bottigliette d’acqua sempre pronte e ventilatori che girano senza sosta. Le temperature medie di inizio settembre in molte città superano ampiamente i 30 gradi, rendendo lo studio una vera impresa.
Per questo, sempre più esperti ed educatori propongono di posticipare l’inizio dell’anno scolastico. Il sindacato Anief ha già avanzato la proposta di far cominciare le lezioni a ottobre, almeno nelle regioni più colpite dal caldo. Il presidente Marcello Pacifico si chiede “come si fa a studiare con 30 gradi in classe?”. Rimandare di due o tre settimane potrebbe duqune rappresentare una svolta utile e necessaria, migliorando il benessere psico-fisico di studenti e insegnanti.
Sullo spostamento non c’è, al momento, alcuna ufficialità e, nel frattempo, le Regioni hanno definito i calendari per l’anno scolastico 2025/26. La provincia autonoma di Bolzano aprirà le danze, seguita da Trento, Piemonte, Veneto e Valle d’Aosta. Le regioni meridionali come Calabria e Puglia saranno le ultime a ripartire. Stessa cosa per la Sicilia, dove a settembre molto spesso le temperature toccano quasi quota 40 gradi… Tuttavia, l’impianto generale rimane ancorato a logiche climatiche ormai superate.
Molti chiedono un cambio di rotta: un sistema scolastico moderno dovrebbe sapersi adattare a una nuova realtà climatica. Rivedere le date di inizio potrebbe significare garantire maggiore efficienza, meno assenze, e condizioni più umane per chi vive la scuola ogni giorno. Il futuro, in fondo, non aspetta: si costruisce anche con decisioni coraggiose e lungimiranti.
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