Era stato un messaggio di appena due parole, “A morte!”, inviato il 3 febbraio 2024 da Sabrina Fina al compagno Massimo Carandente, a segnare, secondo gli inquirenti, l’inizio della tragedia.
Si tratta di quanto avvenne ad Altavilla Milicia, dove pochi giorni dopo iniziava il rituale di violenze e torture culminato in una delle più atroci stragi familiari italiane.
E le vittime, come è noto, furono Antonella Salamone, 40 anni, e i suoi figli Emmanuel, 5 anni, e Kevin Barreca, 16.
Secondo la ricostruzione degli investigatori, Fina e Carandente, i due fanatici religiosi, si erano stabiliti nella casa della famiglia Barreca, convinti che le tre vittime fossero possedute dal demonio.
Ed emerge anche dalle indagini quello che era stato l’ultimo grido d’aiuto di Antonella Salamone.
Il 7 febbraio, la chiamata disperata al 112: “Aiuto, carabinieri, aiuto”, aveva gridato Antonella nel cuore della notte. La chiamata si interruppe bruscamente. I carabinieri tentarono di richiamare senza successo, e la chiamata stessa fu archiviata come uno scherzo.
Ed è sconcertante anche ciò che emerge dai social: durante i giorni della strage, Carandente inviava aggiornamenti via Messenger e Facebook a un gruppo di seguaci. In uno di questi, annuncia con toni mistici: “Il Signore è pronto a fare il miracolo e a resuscitare il bambino Emmanuel”.
Parlava di “una legione di demoni”, di “Satana e Jezebel”, convinto che Antonella fosse all’inferno «perché non ha creduto» e che il piccolo fosse ormai “in paradiso”. Agghiaccianti deliri, ma nessuno dei destinatari dei messaggi ha mai denunciato nulla.
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