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Il delitto di Piersanti Mattarella: la Procura di Palermo indaga su un’impronta

La Procura di Palermo ha disposto accertamenti tecnici con le nuove tecnologie disponibili per estrarre il Dna su una impronta ritrovata 45 anni fa nello sportello lato guidatore della Fiat 127 utilizzata dai killer per la fuga dopo avere assassinato, il 6 gennaio del 1980, l’allora presidente della Regione siciliana Piersanti Mattarella, fratello dell’attuale Capo dello Stato.

Il prossimo 12 giugno, scrive il quotidiano online LiveSicilia, sarà conferito l’incarico ai periti per una comparazione biologica sul reperto. Subito dopo il delitto l’impronta fu isolata, ma fu considerata inutilizzabile per potere svelare l’identità di chi l’aveva lasciata sulla carrozzeria.

Il vetrino potrebbe avere catturato delle tracce biologiche comparabili con il Dna degli indagati Antonio Madonia e Giuseppe Lucchese, i killer mafiosi che secondo la Procura guidata da Maurizio De Lucia avrebbero sparato a Mattarella. Negli anni è venuta meno l’ipotesi che a sparare fossero stati i neofascisti Giusva Fioravanti e Gilberto Cavallini. Madonia sarebbe l’uomo “dagli occhi di ghiaccio” descritto in vari identikit, figlio del capomafia di Resuttana, Francesco, e appartenente a una delle famiglia di mafia più potenti di Palermo. Al volante della 127 usata dai killer per allontanarsi da via Libertà ci sarebbe stato Lucchese, del mandamento di Ciaculli, anche lui killer spietato dell’ala corleonese di Cosa Nostra. Avevano 28 e 22 anni.

Per il delitto del politico della Dc sono stati condannati come mandanti i boss della cupola: Totò Riina, Michele Greco, Bernardo Provenzano, Bernardo Brusca, Pippo Calò, Francesco Madonia e Antonino Geraci. Non sono mai stati individuati gli esecutori.

redazione

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