Apertura

Strage di Monreale, una “atroce sconfitta della nostra umanità”: la lettera degli arcivescovi Lorefice e Isacchi

“Siamo ancora sconvolti dalla tragedia che si è consumata a Monreale. Una serata serena al bar, in un attimo, si è trasformata in una giungla di violenza e di morte. Si innesca una lite brutale. I giovani sui motorini vengono da Palermo, e, per l’appunto, dallo Zen. Cominciano a sparare in modo selvaggio sui loro coetanei e sui passanti. Terribile. Incredibile. Andrea, Salvatore, Massimo perdono la vita, altri rimangono feriti. Una strage. Assurdo. In un attimo distrutte tante vite, tante famiglie, tanti futuri. Urla. Dolore. Pianto inconsolabile. Perché? Tutta la civiltà che credevamo di avere costruito ad un tratto scompare“.

E’ quanto si legge nella lettera aperta degli Arcivescovi di Monreale e di Palermo, monsignor Gualtiero Isacchi e monsignor Corrado Lorefice.

Esplodono come bombe le domande che lacerano i nostri cuori e la nostra mente – aggiungono -. Che ne è della nostra civiltà? Dei nostri modelli di educazione? Dei valori delle nostre città? Del nostro credere? Siamo ancora umani? Siamo ancora recuperabili? Ci sentiamo inchiodati a un fallimento avvilente, disperato e disperante. Sentiamo e facciamo nostro il grido degli uccisi e delle loro madri, dei loro padri, delle loro famiglie, dei loro amici. E sentiamo anche da cristiani una infinita, drammatica pena per gli uccisori e per le loro famiglie. Dovranno pagare per aver tolto la vita ad altri consegnando la loro al baratro infernale, scavato dell’odio omicida: che follia stracolma di dolore legittimo e illegittimo! A chi attribuire questa sconfitta atroce della nostra umanità? Della nostra civiltà? Del nostro cristianesimo? Abbiamo bisogno innanzitutto di non dimenticare troppo presto questa violenza e questo dolore. Dimenticare è la piaga che provoca lo smarrimento della nostra umanità. Possiamo parafrasare la scritta di George Santayana riportata su un muro di Auschwitz: “Chi dimentica il proprio peccato si condanna a ricompierlo'”.

In questo periodo, in cui la Chiesa celebra la Pasqua, è nostro primo, irrinunciabile dovere quello di star vicini alle famiglie degli uccisi, dei feriti, per dare il massimo di consolazione e di sostegno concreto. Dobbiamo essere vicini anche agli smarriti, ai giovani assassini, perché nella consapevolezza dell’atroce follia che hanno commesso ricomincino a rinascere come umani. E dobbiamo assieme – senza accuse e invettive, ma con umiltà – cercare quale terreno ha fatto crescere e germogliare questi semi di morte. Analisi spietate, alla ricerca non delle colpe altrui, non di capri espiatori, ma dei significati legati al dovere di sentirsi responsabili di fronte a questa tragedia. Cerchiamo con umiltà e onestà i semi di male dentro i nostri cuori, ogni cuore, dentro ogni famiglia, dentro ogni progetto educativo a livello politico, sociale ed ecclesiale. Lo sappiamo e lo ripetiamo: la follia scoppiata a Monreale è la stessa follia di ogni guerra, di ogni Gaza, di ogni campo di concentramento nella Libia”.

“Abbiamo ancora negli occhi – sottolineano i due alti prelati – i funerali di Papa Francesco. Cogliamone due spunti. Il fatto che una folla enorme di persone ha sopportato ore e ore di attesa per poterlo salutare ci dice che Papa Francesco ha aperto alla Chiesa e al mondo la strada sul modo in cui raggiungere il cuore dell’uomo. È su questa strada che dobbiamo proseguire. Il Vangelo, se annunciato con semplicità, con esemplarità, con freschezza, conquista ogni cuore. Il fatto che tanti politici – pur non avendo messo in pratica i Suoi insegnamenti – abbiano sentito il bisogno di essere a Roma, mostra che gli insegnamenti hanno un intimo fascino. Che tutti abbiamo invocato la pace – anche se divisi sulle strade da percorrere – ci dice che per la pace siamo fatti, per la piena e valida convivenza. Noi abbiamo avuto il dono di avere Papa Francesco a Palermo, a Brancaccio, il 15 settembre 2018, per il 25° anniversario del martirio del Beato don Pino Puglisi, nella festa dell’Addolorata. L’Addolorata è la strada della Pace. Ai piedi della Croce, Maria, Madre di Gesù – un pensiero caro a Paolo VI – è diventata anche la madre degli uccisori e dei ladroni, Madre sia dei giusti che dei peccatori.
Nel cuore di una madre che accoglie crocifisso e crocifissori è custodito ed eretto il tempio della pace tra i popoli e tra gli uomini”.

“La tragedia di Monreale ci interpella – sottolineano -. Interpella ogni educatore. Anche noi, Pastori delle Chiese di Monreale e di Palermo, ci sentiamo interpellati. Papa Francesco ci raccomanda di non scoraggiarci, di non usare più frasi come: “Ho provato tutte le strade non serve a niente”; “I giovani sono chiusi”; “Ormai tutto è perduto”. Le nostre città non si sono arrese neanche di fronte alle morti atroci di Falcone e di Borsellino e dei tanti altri e altre uccisi dalla mafia. Anche di fronte alle morti generate dalla violenza sociale – altra faccia della stessa medaglia – non possiamo arrenderci! Ripartiamo come dice il Papa: avviamo processi. Apriamo strade. L’educatore – dicevano i greci – è colui che inventa strade. Non colui che ripete sempre le stesse strade e le stesse frasi. Forse dobbiamo ripartire dal ‘formarci’ noi adulti, noi educatori interrogandoci su cosa dobbiamo cambiare nel nostro rapporto con i giovani. Essere interessati ai giovani: guardarli e ascoltarli con interesse. Solo se siamo interessati a loro diventeremo interessanti per loro. Solo se scopriamo e riconsegniamo a ogni giovane il fascino di cui è portatore creeremo un futuro umano. Chiediamo questi doni a don Pino Puglisi. Lui – autentico educatore – ci può insegnare le strade che raggiungano il cuore dei giovani. E dobbiamo indicare alle nostre famiglie percorsi educativi carichi di speranza e di incontro”.

“L’interiorità e la relazione – aggiungono – ci salveranno dall’imboccare due strade terribili che si aprono davanti noi: il post-umanesimo (superare la natura umana negando l’umano) e la violenza folle di chi chiude gli occhi e uccide (in modo banale o in modo politico). Se impariamo a guardarci e a guardare scopriremo la bellezza, quella bellezza che è eleganza, armonia dentro di noi e davanti noi. Educare ed educarci all’umiltà e alla mitezza: solo così è garantita la crescita, quella genuina che ci dona pienezza. Educare alla forza come capacità di portare avanti la propria idea nel rispetto della diversità. Riscoprire che tutte le fedi, quelle in Dio e quelle nell’uomo, si incontrano nel rispetto dell’altro che ti é davanti. Questo il Vangelo che ha impregnata l’esistenza e l’insegnamento di Papa Francesco. Riprendere a sognare, a sperare, a camminare perché il germe del Vangelo possa portare compimento e pienezza di vita lì dove gli uomini soffrono e sperano, perché cresca “il desiderio di fare il bene; di cercare la verità detestando la falsità; di scegliere il sacrificio, non la pigrizia; l’amore, non l’odio; il perdono, non la vendetta” (Francesco, Omelia a Palermo).

Aveva ragione chi affermava che sogno dell’uomo è il ‘superuomo’.
Ma si diventa superuomini solo se si diventa uomini fino in fondo.
Si diventa come Dio se si diventa come l’uomo, fino in fondo.
Rispettare l’umano è il modo migliore di essere superuomini.
Usciamo dal mito della potenza, del diritto del più forte, del dominio sulle coscienze e sulle vite altrui ed entriamo nella terra promessa della consapevolezza di noi stessi e del contatto nutriente e sereno con l’esistenza e i volti degli altri. Una umanità più umana è il fondamento di una nuova civiltà“, conclude la lettera aperta degli Arcivescovi di Monreale e di Palermo, monsignor Gualtiero Isacchi e monsignor Corrado Lorefice.

redazione

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