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Caltanissetta, truffa su fondi Ue e riciclaggio: scatta sequestro da 700mila euro

Un nuovo e clamoroso caso di frode ai fondi europei scuote il settore agricolo siciliano 

Un’operazione congiunta della Procura Europea e delle forze dell’ordine ha portato al sequestro di beni per un valore complessivo di 700mila euro, riconducibili a quattro soggetti indagati per gravi reati, tra cui truffa ai danni dell’Unione Europea, riciclaggio e autoriciclaggio. L’inchiesta è stata condotta dalla Direzione investigativa antimafia (Dia) e dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza, su richiesta del Gip di Caltanissetta.

Il fulcro della truffa era un sofisticato reticolo di società agricole creato per percepire indebitamente contributi comunitari. Tali fondi venivano poi “ripuliti” attraverso una serie di operazioni finanziarie e bancarie finalizzate a renderne difficile la tracciabilità. Al centro dell’indagine, una coppia di coniugi formalmente impiegati pubblici, ma in realtà gestori occulti di attività agricole beneficiarie di contributi Agea.

La frode è stata perpetrata con la complicità di un terzo soggetto, privo di esperienza nel comparto e residente a grande distanza dalle sedi operative delle aziende coinvolte. Nonostante ciò, risultava formalmente titolare di una ditta individuale e amministratore di due ulteriori società agricole. Il suo ruolo è apparso fondamentale per schermare le vere identità dei beneficiari dei fondi.

Il quarto indagato, invece, operava come amministratore di una società agricola a responsabilità limitata, e si è occupato di realizzare numerosi trasferimenti di denaro finalizzati a ostacolare la tracciabilità delle risorse, configurando così l’ipotesi di riciclaggio vero e proprio. Le transazioni erano orchestrate in modo da sfruttare le agevolazioni previste per l’insediamento di giovani agricoltori, risultate poi fittizie.

Fondi pubblici sfruttati per autofinanziamento

Una delle operazioni più eclatanti ha riguardato il trasferimento, apparentemente regolare, di un ampio fondo agricolo comprensivo di fabbricati. Tale proprietà, dopo essere passata di mano con una falsa compravendita, è stata rivenduta all’Ismea generando una plusvalenza. In realtà, il bene non ha mai cambiato proprietario effettivo, dimostrandosi così un mero meccanismo di autofinanziamento basato su fondi pubblici.

L’inchiesta ha anche fatto emergere l’acquisto, tramite i contributi Agea, di una macchina agricola e di un ulteriore terreno, tutti beni rimasti nella disponibilità degli indagati. I soldi pubblici venivano reimpiegati a uso personale o aziendale, falsando completamente la finalità dei fondi comunitari. Si tratta dunque di una frode ben organizzata, realizzata attraverso strategie contabili e bancarie di elevata complessità.

Riciclaggio, autoriciclaggio e transazioni sospette

Le indagini hanno individuato anche forme di autoriciclaggio, realizzate tramite una rete intricata di transazioni tra diverse attività economiche riconducibili agli indagati. Questi movimenti finanziari erano studiati per dissimulare l’origine dei fondi e impedire la loro riconducibilità ai responsabili. Le somme transitavano da un’azienda all’altra, attraversando più conti e mascherando così la natura illecita delle operazioni.

Secondo gli investigatori, l’intero sistema era finalizzato a drenare ingenti quantità di denaro pubblico, destinato allo sviluppo agricolo, per impiegarlo in circuiti finanziari opachi, all’apparenza regolari. La regia dell’intera operazione risulterebbe in capo ai quattro soggetti ora sotto inchiesta, i quali, sfruttando le falle del sistema di controllo, hanno ottenuto indebiti vantaggi economici a danno dell’Unione Europea e dei contribuenti.

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redazione

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