Nonostante la detenzione, il boss mafioso di Camporeale avrebbe continuato a dirigere le attività illecite del suo clan, mantenendo saldo il controllo sul territorio. Grazie alla complicità di fedelissimi e familiari, riusciva a gestire gli affari della cosca senza interruzioni.
I carabinieri del Nucleo Investigativo di Monreale hanno eseguito sei arresti con l’accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso, su ordine del gip di Palermo e richiesta della Dda.
L’inchiesta ha svelato come il clan imponesse il prezzo per la vendita di bovini e ovini destinati al macello, garantendo profitti illeciti e il controllo sul mercato. Inoltre, numerosi cittadini avrebbero fatto ricorso alla mafia per ottenere il permesso di acquistare fondi agricoli, recuperare crediti da debitori insolventi o risolvere controversie private.
Il dominio della cosca si estendeva anche alla gestione dei terreni agricoli, decidendo chi potesse utilizzarli per il pascolo. Nell’inchiesta emerge il coinvolgimento di un dipendente comunale, accusato di aver attestato falsamente il rispetto degli obblighi di “messa alla prova” per due esponenti della famiglia mafiosa locale.
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