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Totò, Zeman e i sei miliardi della Juve: la testata a Roberto Baggio e il rosanero mai vestito

(eb) Totò Schillaci lo ha sempre raccontato: giocava sull’asfalto con gli amici, nel quartiere Cep, fra i più popolari e complessi di Palermo. Famiglia modesta, e un papà che lo seguiva ovunque. Faceva il muratore, ed è stato il suo più grande sostenitore. Lui, Salvatore, ha fatto un po’ di tutto, prima di spiccare il volo. Il gommista, anche l’ambulante. Poi arrivò la chiamata del Messina. L’ascesa dell’eroe di Italia ’90 iniziò da lì.

La vita iniziò a sorridergli. Fra i peloritani se ne stava in panchina, fino a quando l’attaccante titolare venne espulso. Schillaci entrò in campo e prese la palla al balzo: il gol arrivò subito. Un battito di ciglia e divenne titolare, trascinando la squadra a vincere la Serie C2.

In C1 il mister era il grande Franco Scoglio, che Totò ha sempre descritto come un “secondo padre”. Veniva lasciato libero: a tutti l’allenatore dava compiti precisi, meno che a lui. “Totò può fare quel che vuole, basta che faccia gol”, diceva il tecnico. Poi fu la volta di Zdenek Zeman: con il boemo in panchina arrivarono 23 gol in B e la “telefonata” della Juventus. Sei miliardi di lire per l’acquisto, e fu la svolta.

Boniperti gli disse “finalmente ti abbiamo preso, non devo più sentire Nicolò Napoli (altro palermitano doc della Juve, ndr) che mi ripete di comprarti”. E il sogno è realtà. Totò diventa amico di Tacconi e De Agostini.

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In un periodo particolarmente difficile, un giorno in ritiro, per il nervosismo dà una testata nientemeno che a Roberto Baggio. I due, poi, diventeranno grandissimi amici. Il Divin codino è fra gli ex compagni in arrivo oggi a Palermo.

Nel ’90, poi, le notti magiche, inseguendo un gol. Una fra le reti mai segnate e sempre rimpiante rimarrà quella legata ai rigori contro l’Argentina: Schillaci a Napoli s’era fatto male, e decise di non presentarsi dagli undici metri. A distanza di anni, se ne era amaramente pentito.

Fra i dolori più grandi, quello legato alla maglia rosanero. Mai Schillaci è riuscito a vestirla. La possibilità fu accarezzata soltanto all’inizio del 2000 (con il Palermo in Serie C), ma il sogno è rimasto tale, divenendo il più grande rimpianto della carriera.

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redazione

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