Cronaca

“Depistarono indagini”: strage via D’Amelio, pg chiede la condanna di tre agenti

 Al termine della requisitoria nel processo d’appello per il depistaggio delle indagini sulla strage di via d’Amelio a Palermo, il 19 luglio 1992, il procuratore generale nisseno Fabio D’Anna ha chiesto la pena di 9 anni e 6 mesi di reclusione per l’ispettore Fabrizio Mattei, 11 anni e 10 mesi per il commissario Mario Bo e 9 anni e 6 mesi per l’agente Michele Ribaudo, i tre appartenenti alla polizia di Stato che facevano parte del gruppo d’indagine Falcone-Borsellino sulle stragi del ’92.

Gli imputati sono accusati di calunnia aggravata dall’aver favorito l’associazione mafiosa Cosa nostra.

“Quello che si sta per chiudere è l’ultimo capitolo di una vicenda iniziata 30 anni fa e non ancora conclusa. A breve avremmo l’apertura di un nuovo processo con altri quattro poliziotti”, ha detto D’Anna a conclusione della requisitoria.

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“La sentenza di primo grado – ha continuato il procuratore generale – ha stabilito che due dei tre imputati hanno sicuramente contribuito all’inquinamento delle prove delle indagini. A questo inquinamento probatorio hanno contribuito anche alcuni colleghi, sicuramente poco attenti, che non sono stati in grado di cogliere elementi di di falsità dell’ex collaboratore di giustizia Vincenzo Scarantino. L’inquinamento probatorio c’è stato. C’è stato anche un tradimento da parte degli apparati dello Stato che hanno tradito non solo Borsellino ma anche gli agenti della scorta. Un tradimento che non può essere perdonato. Si può tradire per tanti motivi: per soldi, sì ce ne sono stati nei confronti di La Barbera ma non nei confronti degli odierni imputati, per la carriera, ma La Barbera non ne aveva bisogno, era ancora giovane e a breve sarebbe diventato questore, che motivo aveva di impelagarsi con un balordo come Scarantino”.

“Un altro motivo – ha continuato – poteva essere il fatto che occorreva dare un colpevole da dare all’opinione pubblica: ma perché Scarantino? Cioè l’unico che faceva parte di una famiglia che non c’entrava. Ma perché lui? La risposta me la sono data: l’unico interesse che spiega la pervicacia del gruppo Falcone-Borsellino è che loro sapevano perfettamente che con il loro comportamento stavano allontanando dalla verità delle indagini, vuoi per proteggere apparati dello Stato vuoi per proteggere apparati mafiosi”.

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