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Il sogno dell’Europa che s’infrange sulla costa: 10 anni fa la strage di Lampedusa

Il sogno dell’Europa e di un avvenire migliore si infrange a poche miglia dalla costa. Per centinaia di eritrei ed etiopi partiti un paio di giorni prima dalla Libia, dal porto di Misurata, l’immagine della terra di Lampedusa sarà l’ultima che vedranno.

Quando nei loro occhi la tenue luce dell’alba fa spazio al rosso vivo delle fiamme la tragedia prende infatti il sopravvento. Tutto a causa di un guasto: il motore si ferma non molto distante dall’Isola dei Conigli e il comandante dell’imbarcazione dà fuoco ad una coperta e degli stracci per segnalare la posizione.

Un’azione sconsiderata che provoca il panico a bordo. I passeggeri impauriti dalle fiamme e dal fumo denso si ammassano su un lato del peschereccio: pochi attimi di terrore, poi il dramma.

Il barcone lungo 66 piedi comincia a sobbalzare, fino a rovesciarsi e colare a picco nelle fredde acque autunnali, trascinando con sé centinaia di disperati. E’ la mattina del 3 ottobre 2013.

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E’ il giorno nero in cui si registra la più grave tragedia dell’immigrazione nel Mediterraneo. I soccorritori certificheranno la morte di 368 migranti, provenienti da Etiopia ed Eritrea. In 155, di cui 41 minori, riusciranno a salvarsi. Ma il bilancio stimato è ben più pesante. Una ventina sarebbero i dispersi; corpi mai ritrovati, finiti nel fondo del mare e mai più riemersi.

Il dramma di Lampedusa diventa il dramma di un Paese e di un intero continente, quello europeo, che celebra l’ennesima tragedia del mare, anche se la più grave fino a quel momento. Le centinaia di bare allineate, alcune delle quasi bianche, sono un pugno diretto allo stomaco. Un’istantanea carica di dolore e sofferenza consegnata al mondo e che tenta di demolire il muro di indifferenza e a richiamare sul fenomeno migratorio le doverose attenzioni. Che arrivano, almeno a parole. Bruxelles infatti si impegna a sostenere l’Italia e a non lasciare da sola Lampedusa.

Isola eroica, patria di decine e decine di pescatori e non solo che quella mattina, assieme agli uomini della Guardia costiera, prestarono i soccorsi, cercando di salvare più vite possibili.

La Sicilia fin dalle ore successive dimostra tutta la propria generosità. Le bare con le vittime del naufragio, molte delle quali non identificate, verranno accolte nei cimiteri della regione. Ad Agrigento verranno celebrati i funerali senza bare.

Funerali non di Stato però. Decisione che finisce per provocare polemiche che prendono di mira il governo Letta e in particolare l’allora ministro dell’Interno Angelino Alfano. Lo stesso governo decide di rafforzare il pattugliamento del Canale di Sicilia varando l’Operazione Mare nostrum, una missione militare ed umanitaria il cui obiettivo è di evitare il ripetersi di tragedie come quella del 3 ottobre.

Intanto sull’onda lunga dell’emozione, il 15 aprile di due anni dopo la Camera dei deputati dichiarerà il 3 ottobre “Giornata nazionale in memoria delle vittime dell’immigrazione”. Una giornata che anche quest’anno verrà celebrata dalle istituzioni impegnate a fronteggiare un’emergenza senza fine. Una giornata non solo simbolica in questo 2023, anno in cui gli sbarchi hanno ripreso vigore portando il tema migratorio al centro dell’agenda politica. (Giuseppe Taibi – Italpress)

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