Undici anni. Tanti sono passati da quel 20 maggio in cui la provincia di Modena venne risvegliata bruscamente da una fortissima scossa di terremoto.
Fu un sisma di una insolita violenza. Distruttrice. Come comunicò l’Ingv, l’Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia, la sequenza sismica emiliana iniziò con la scossa di magnitudo ML 5.9 con una profondità ipocentrale di 6.3 km, con area epicentrale tra Finale Emilia e San Felice sul Panaro ed è continuata nei giorni seguenti.
Ma è stato qualche giorno dopo, il 29 maggio, che arrivò un’altra scossa distruttiva, magnitudo ML 5.8 e profondità ipocentrale di 10.2 km, localizzato circa 12 km a sud-ovest del precedente. Il terremoto fu impressionante, una scossa con una violenza non più avvertita addirittura dal lontanissimo 1570.
Gli effetti furono drammatici, amplificati fra l’altro da effetti di sito, come le liquefazioni dei terreni sabbiosi, come a Finale e San Felice, legati alle caratteristiche del terreno della Pianura Padana.
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